6 nov 20196 min
Perché raccontarvi di un'ottica entrata in produzione ormai cinque anni fa come il 18-135mm Fuji?
Innanzitutto perché gli obiettivi, al contrario delle fotocamere digitali che sono dotate di un sensore, non invecchiano mai. Magari diventano vintage e si possono acquistare alla metà del prezzo di listino originale, ma continuano a svolgere egregiamente il loro lavoro, anche dopo decenni dalla loro entrata in produzione.
Il 18-135mm f3.5/5.6 R LM OIS WR Fuji fa esattamente questo: svolge egregiamente - con discrezione - il suo lavoro, senza perdere un colpo dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti ormai cinque anni fa.
È una delle ottiche che ho utilizzato di più per certi versi, e al tempo stesso quella che ho trascurato maggiormente, perché all'inizio la sentivo lontana dallo spirito della serie X di Fuji e dalla sua filosofia di adottare focali fisse e luminose. Ogni volta che devo affrontare un viaggio, o una qualsiasi altra occasione fotografica in cui non so esattamente in anticipo cosa aspettarmi, il 18-135mm è la prima ottica a saltare nella borsa, anche se ogni volta, puntualmente, mi si pone il dilemma: meglio lei o l'accoppiata 18-55mm e 55-200mm?
Ovviamente la seconda opzione è migliore sotto ogni punto di vista, ma comporta necessariamente l'utilizzo di due corpi macchina per montare entrambe le ottiche contemporaneamente. Perciò, se l'evento da documentare è importante e so che avrò bisogno dello stop in piú che il 18-55 ed il 55-200 insieme sono in grado di offrirmi, scelgo ovviamente loro, accettando di buon grado il raddoppio del peso dell'attrezzatura. D'altronde in certe circostanze non si può comunque fare a meno di un corpo macchina di riserva. Se devo partire per un viaggio invece, o per una occasione di cui non so nulla, finisco per afferrare dallo scaffale la fidata X-T1 con il 18-135mm, eventualmente buttando nella borsa anche il 35mm f1.4, che entra in gioco per le foto dopo il tramonto.
Perciò, a ben vedere, per quanto sia ingombrante, relativamente pesante (490g) ed abbia uno stop in meno di quella che considero la sua controparte diretta (il 18-55), il 18-135 è in effetti una delle ottiche che ho utilizzato di più del sistema Fuji X. Qualcuno l'ha definita il coltellino svizzero degli obiettivi.
Dalla sua ha senz'altro il fatto di essere la prima ottica tropicalizzata del sistema, appositamente progettata per l'utilizzo con la X-T1 (il primo corpo Fuji X tropicalizzato). Se si viaggia o si vive in luoghi particolarmente piovosi è senz'altro un grande punto a favore. È vero che per impermeabilizzare qualsiasi fotocamera è sufficiente una busta di plastica intorno al l'ottica,
ma poter passeggiare sotto la pioggia con serenità e con la consapevolezza che una goccia penetrata fra una ghiera e l'altra non potrà distruggerci l'obiettivo è molto rassicurante. A questo link troverete una prova sul campo in condizioni estreme di (pioggia battente e giochi d'acqua), e l'ottica ne è uscita indenne.
Con il suo quasi mezzo chilo di peso l'obiettivo tende a cascare sul fianco con la lente frontale rivolta verso il basso assumendo una posizione che protegge l'elemento frontale da impatti accidentali. Il generoso paraluce a corolla tipico degli zoom Fuji assolve una ulteriore funzione protettiva, sia quando è montato verso l'esterno che quando è rivolto verso il corpo macchina.
Il 18-135 è la seconda ottica a focale variabile Fuji dotata di un grip in gomma sulle ghiere di messa a fuoco al posto della classica ghiera in metallo inciso (la prima è stata il 55-200mm f3.5/4.8). Sui primi dépliant della Fuji X ricordo di aver letto che la ghiera in metallo è incisa al laser, ma non ho più trovato riscontro di questo. Il nuovo grip in gomma replica l'aspetto delle ghiere in metallo, ma dà l'impressione di garantire un'ottima presa anche sotto i monsoni indiani. All'inizio temevo che questa ghiera sarebbe invecchiata male, come tutti gli anelli in gomma Olympus o Nikon. Con il tempo, forse a causa della dilatazione termica del metallo e della perdita di elasticità della gomma, sulle lenti molto utilizzate le ghiere di solito perdono aderenza e tendono a sfilarsi, come d'altronde fa il rivestimento del corpo macchina.
Nel mio caso, nonostante un utilizzo decisamente intensivo, il 18-135 si presenta ancora come quando è uscito dalla sua scatola, mentre non posso dire lo stesso per la mia X-T1, che ho dovuto inviare in assistenza per un ripristino totale del rivestimento in gomma qualche mese fa.
Il 18-135 è anche dotato di uno stabilizzatore OIS (optical image stabilizer) che promette di aumentare la resa di ben 5 stop, il più avanzato al mondo secondo gli standard CIPA (fonte sito ufficiale Fuji). In effetti la resa è ineccepibile, in condizioni di luce veramente scarsa in interni (come una chiesa scarsamente illuminata ad esempio, o una sala conferenze) è preferibile utilizzare il 55-200mm che impasta leggermente di meno, ma il 18-135mm come si è detto è un coltellino svizzero, un'ottica versatile che scende a (lievi) compromessi per coprire ogni esigenza, non è un'ottica creata per scopi specifici. La sua caratteristica principale, il motivo per cui è stata realizzata, è proprio la versatilità. E' la perfetta ottica da viaggio, sempre pronta all'avventura, soprattutto se accoppiata ad un corpo tropicalizzato come le X-T o X-Pro.
Qui sotto potete vedere una galleria di immagini di esempio scattate con il 18-135mm e Fuji X-T1 in modalità Classic Chrome.
Dalla scheda sul sito ufficiale di Fuji italia: