Polaroid: la magia della fotografia istantanea
Aggiornamento: 28 set 2020
Devo dire che in tanti anni di fotografia ho sempre trascurato il mondo della fotografia istantanea.
Le Polaroid per me hanno sempre rappresentato qualcosa che avrei voluto provare ma che non avevo fatto in tempo a sperimentare. Non ne ho mai posseduta una prima dell'avvento del digitale, ma intorno al 2005 c'è stato un periodo in cui chiunque ne possedeva una se ne voleva disfare.
Considerato che di Polaroid ve ne era praticamente una per ogni famiglia, allora era facile trovarne in gran quantità nei mercatini a pochi euro. Cominciai perciò a collezionarle semplicemente perché erano un'oggetto legato alla fotografia che non meritava di finire in un cassonetto, ma senza dare tanto peso alla cosa. Ogni volta che ne portavo una a casa provavo un senso di frustrazione: avevo fatto un affare o avevo speso dei soldi per l'ennesimo oggetto inutile, reso obsoleto dal digitale, e che non avrei potuto usare neppure volendo perché le pellicole erano ormai fuori produzione? Le pellicole a quel tempo si trovavano ancora su eBay, ma erano ormai scadute e vendute a prezzi improponibili.
Il nuovo acquisto finiva regolarmente su una libreria, come soprammobile, a prendere polvere.
Le Fuji Instanx invece non le ho mai considerate, forse per il formato troppo piccolo e rettangolare, che non le rende "vere polaroid".
Quando uscirono le prime pellicole Impossible le acquistai subito per provarle con una splendida SX-70 che una cara amica mi aveva regalato anni prima. Avevo fatto riparare quella fotocamera ben due volte ma non avevo mai potuto provarla prima di allora. Rimasi purtroppo molto deluso dal risultato decisamente aleatorio della resa. Il risultato era decisamente troppo "sperimentale" per i miei gusti, considerato il prezzo del singolo scatto. Quel capolavoro di design tornò di nuovo nel cassetto, in attesa di tempi migliori.
Due giorni fa la SX-70 è uscita nuovamente da quel cassetto, insieme a me, all'inizio della fase 2: volevo utilizzarla per ritrarre i miei genitori che non vedevo da 60 giorni. Pensavo che sarebbe stato lo strumento adatto per scattare una bella foto simbolica di rinascita.
Purtroppo uso il condizionale perché sono rimasto nuovamente deluso. La pellicola al suo interno era ancora quella Impossible dalla resa aleatoria che vi avevo inserito anni prima, ma nel frattempo doveva essere scaduta. La foto sarebbe stata anche bella, ma dopo un'ora non si era ancora sviluppata. Non era apparso nulla nonostante la avessi riposta in una borsa subito dopo lo scatto, al buio, come da istruzioni.
A tarda sera si intravedeva a malapena qualcosa, lo sviluppo era certamente terminato e così ho deciso di tentare di recuperare la foto utilizzando lo scanner e forzando i valori della curva di acquisizione.
Il risultato è stato quello di una immagine appena leggibile e totalmente virata sul verde. Nonostante fosse del tutto inaccettabile come foto, aveva comunque un suo fascino.
La mattina seguente ho caricato un pacco di Color 600 fresco in una Polaroid più recente, una Impulse del 1988 con messa a fuoco ad ultrasuoni. Lo avevo acquistato qualche mese fa, trascinato dall'entusiasmo di un caro amico il quale mi aveva chiesto di rimediargli una Polaroid usata in qualche mercatino, cosa che ho fatto (gli ho trovato ad una cifra ridicola una Impulse nuova di zecca, identica a quella che ho io).
Senza aspettarmi troppo dal risultato, alla prima occasione ho scattato una foto a mia moglie e a mio figlio all'ombra degli alberi di Villa Torlonia. Questa volta la foto è riuscita bene, ed il risultato per me è stato come una illuminazione: non solo mi ha riconciliato con il mondo Polaroid, ma ho finalmente capito cosa sia la fotografia istantanea! E' qualcosa che non ha nulla a che fare con la risoluzione, la risolvenza dell'obiettivo, le linee per millimetro ed altri argomenti di discussione tipici dei forum di fotografia, ma ha molto a che fare invece con una emozione.
L'emozione è quella di stringere fra le mani un oggetto fisico che riproduce le persone che ami, un piccolo foglietto quadrato che è stato fisicamente presente di fronte a quelle persone in un preciso momento storico, il 10 maggio del 2020, (giorno della festa della mamma) in un parco all'aria aperta alla fine di una lunga quarantena.
Improvvisamente non sai come togliere quel foglietto 10x10 dalle mani di tuo figlio, il quale ti assicura che ne avrà cura, che non lo farà cadere, ma vorrebbe stropicciato, giocarci, stringerlo a sé perché lo rappresenta insieme con la sua mamma ed è magico (la terza legge di Clarke «Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia» è particolarmente evidente quando ti trovi di fronte ad un bambino di 4 anni).
Così cerco un modo per distrarlo e portare a casa integro quel sacro foglietto, per poi passarlo sotto lo scanner ed ottenere una copia digitale di quella immagine, con la consapevolezza che la copia - una volta tanto - non sarà mai preziosa quanto l'originale. Dopo averlo riprodotto cerco un punto dove posizionarlo. Decido di collocarlo in alto, su una libreria, in bella vista ma al riparo dagli intenti ludici del pargolo.
L'oggetto/polaroid lì sopra sta benissimo, risplende di luce propria. Non ha bisogno di una cornice, è completo in sé stesso, con il suo bordino bianco ed il suo velo di acetato trasparente che riflette la luce dando l'idea che l'immagine si trovi al di là di un vetro. Da ieri torno a prenderlo ogni tanto per guardarlo e rimanere stupito, cosa che non ho ancora fatto con le decine di foto digitali scattate quello stesso pomeriggio al parco: quelle le ho scaricate senza neppure guardarle.
Ho già ordinato altri due pacchi di Polaroid, uno per la SX-70 ed un Color plus 600 per la Impulse, e non vedo l'ora di avere altri magici foglietti quadrati sparsi in giro per casa.
Ho la netta sensazione che la mia esperienza con le Polaroid non finirà tanto presto.
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