Sul design della X-Pro3 e sulla scelta di nascondere lo schermo posteriore ho letto le opinioni più varie in questi giorni.
Vi dirò cosa ne penso io.
I detrattori della X-Pro3 non potrebbero essere più lontani dalla realtà quando affermano che il design di una fotocamera è un qualcosa di secondario rispetto alla funzione, e che la scelta di nascondere il monitor posteriore è priva di utilità pratica.
Le macchine fotografiche sono strumenti è vero, ma appartengono ad una categoria di utensili molto particolare. Sono oggetti nati per funzionare, altamente tecnologici, pieni di parti meccaniche ed elettroniche, ma che servono a fare arte e a regalare emozioni (o almeno promettono di farlo). Le categorie di oggetti più vicine alle macchine fotografiche potrebbero essere - da questo punto di vista - gli strumenti musicali, gli orologi, le automobili, aeroplani e veicoli vari; tutte categorie da sempre al centro dell'interesse di designer e progettisti.
Non si tratta affatto oggetti comuni. Si tratta di oggetti prodotti in serie, ma caratterizzati da un fascino intrinseco. Un ingranditore, una smaltatrice o una essiccatrice non hanno il decimo del carisma di una macchina fotografica, pur appartenendo anch’essi alla categoria degli strumenti fotografici. Non di rado son questi ultimi a finire indegnamente in discarica insieme al ferrovecchio quando si svuota una cantina, mentre a nessuno sano di mente passerebbe per la testa di gettar via un’Hasselblad, una Rolleiflex, una Nikon o un qualsiasi altro strumento fotografico degno di questo nome. Una macchina fotografica, se ben progettata, non diventa mai obsoleta. Diventa un oggetto vintage, e poi un oggetto d'epoca, da musealizzare.
Una macchina fotografica rimane tale, senza smettere di esercitare il suo fascino, anche quando si decide di non utilizzarla più, perché magari abbiamo scelto di abbandonare la pellicola per il digitale, o perché adotta un supporto ormai in disuso.
Una macchina fotografica svolge egregiamente la sua funzione anche quando finisce parcheggiata su uno scaffale; in quel caso si comporta come un buon libro che aspetta di essere aperto: attenderà paziente che lo sguardo del suo padrone si posi su di lei, e in quel momento eserciterà tutto il suo fascino per spingerlo ad uscire di casa con lei ed andare a scattar foto.
Le macchine fotografiche sono strumenti circondati da un'aura magica, raccontano l'epoca in cui sono state costruite, la vita di chi le ha utilizzate, amate, maneggiate. Riportano sulla loro scocca graffi ed ammaccature che ci dicono come e quanto sono state utilizzate.
A cinquanta anni dalla uscita di produzione di un dato modello c'è ancora gente che si scontra sui forum difendendolo, decantandone le lodi rispetto alla concorrenza. Vi sono tifoserie legate a brand storici, neanche fossero squadre di calcio.
Di quale altro elettrodomestico potremmo dire lo stesso? Avete mai visto qualcuno innamorato di una fotocopiatrice? Sarebbe preso per matto. Invece innamorarsi di una macchina fotografica è ritenuto socialmente accettabile (ho visto gente tatuarsi la propria fotocamera preferita sul braccio).
Insomma, dietro alle macchine fotografiche c'è un mondo, ed una marea di persone che ama quel mondo.
Fuji lo sa, ed è sulla base di questi presupposti che è nata la serie X, inizialmente con la X100 e subito dopo con la X-Pro1.
Le macchine fotografiche, come qualsiasi altra cosa, non si comprano solo per necessità, al solo scopo di scattare delle foto, per quello basterebbe il cellulare che ciascuno di noi ha già in tasca, o comunque una sola macchina fotografica. Non sarebbe giustificabile l'acquisto, da parte di ognuno di noi, di più corpi macchina (si sono sicuro che avete più di una fotocamera, se state leggendo questo blog).
Le fotocamere si comprano e si vendono perché evocano mondi, suggestioni, mitiche età dell'oro, e così facendo danno gioia a chi le utilizza, spingendolo a mettere il naso fuori di casa per scattare altre foto.
Non si tratta - come ho letto su alcuni siti - di feticismo, di merchandising, del tentativo di solleticare gli istinti da hipster di chi non ha mai avuto modo di utilizzare la pellicola. Si tratta di sapere da dove veniamo, di recuperare il dialogo con la storia dello strumento fotografico e con la sua tradizione costruttiva, qualcosa che Nikon ha già cercato di fare sei anni fa con la sua Df senza riuscirci a pieno, e che Fui è riuscita invece è riuscita a ottenere, in quello stesso anno, col la X-T1.
Fuji sa certamente di aver messo sul mercato una serie di macchine che condividono lo stesso sensore, gli stessi ingombri, e simili caratteristiche costruttive. Ciascun modello cerca tuttavia di collocarsi in una nicchia differente, e quello che finora sembra aver ottenuto meno successo di vendite è proprio quello che si discosta maggiormente dallo spirito del resto della serie; la X-H1, presentata come un workhorse professionale, volutamente più simile alle reflex della concorrenza che alle mirrorless di casa Fuji, si trova ora in vendita ad un prezzo ribassato (e molto interessante) perché non ha avuto il riscontro di pubblico sperato, cioè funziona bene come le altre Fuji X ma non ha lo stesso fascino.
Il mercato è saturo. Cinquanta anni fa avere una macchina fotografica era un lusso, in ogni famiglia c'era uno zio fotoamatore, l'unico con una reflex decente, deputato a documentare comunioni ed eventi importanti. Poi, negli anni '80 arrivarono le compatte, insieme ad un sottobosco di scatolette a fuoco, tempi e diaframmi fissi ed ottica a menisco che sfruttavano la pellicola 110.
Oggi ognuno di noi ha più di una fotocamera, alcune delle quali finite in un cassetto semplicemente perché dotate di un'ottica eccellente ma di un sensore con risoluzione e resa inferiore a quella di uno smartphone del 2019.
L'acquisto di una nuova fotocamera il più delle volte non si fa per reale necessità, ma sull'onda dell'emozione.
Io personalmente sono affezionato alla attrezzatura che ho. Utilizzo quotidianamente da anni una X-E1, una X-M1 ed una X-T1, e le alterno senza problemi proprio perché so che - condividendo il medesimo sensore X-Trans e le stesse ottiche - si tratta essenzialmente della stessa macchina sotto ad una diversa pelle. Cambiano "solo" le sensazioni di utilizzo, gli ingombri, e qualche dettaglio trascurabile. Non sento alcun bisogno di comprare una nuova fotocamera da anni ormai.
Per la prima volta dall'acquisto della X-T1 sei anni fa, l'annuncio della X-Pro3 mi ha suscitato una qualche emozione. Non credo che la comprerò, ma ha attirato il mio interesse. E' vero, su ogni fotocamera si può disattivare il monitor ed utilizzare solamente il mirino, ma non è la stessa cosa. Alla fine, dopo qualche minuto, finisco per attivare nuovamente il monitor attirato dalla comodità di quello che di fatto è un grande mirino a pozzetto.
Bisogna ricordare infatti che il monitor delle Fuji X tende a suggerire un peculiare stile di scatto. Il basculaggio dello schermo avviene su un solo asse, e l'inclinazione di 90 gradi si ottiene solamente orientandolo verso lalto. Insomma, già adesso il monitor della X-T1 funziona in realtà più o meno come quello della X-T3, e bisogna ricordare che la serie X-Pro finora si è distinta perché era l'unica della serie a non avere affatto un monitor orientabile. Ricordo ancora la risposta ad un Fujiday del 2012, quando chiesero perché le Fuji-X non fossero dotate (all'epoca) di uno schermo girevole, i rappresentanti risposero che era una "scelta stilistica".
Ebbene, lo schermo orientabile, che in effetti è di una comodità immensa, fu visto all'epoca della X-M1 come un tradimento all'essenza della serie X. Molti utenti videro la bontà della scelta e lo stesso schermo fu adottato sulla X-T1, che ebbe un successo di vendite enorme.
Per cui, signori miei, la notizia non è che la X-Pro3 non è dotata di uno schermo. La notizia vera è che la X-Pro3, unica fotocamera rimasta finora fedele allo spirito originale della serie X, è dotata ora di uno schermo girevole. Per mitigare questa piccola rivoluzione stilistica, e per differenziare la fotocamera dal resto della serie (per desidera uno schermo classico basta orientarsi su un altro modello), si è scelto di nascondere il monitor, in maniera per me molto intelligente. Il fatto che ne stiamo parlando vuol dire che il risultato è stato raggiunto, la X-Pro3 è uscita dall'anonimato, è una "mucca viola", troverà il suo bacino di affezionati utenti, e una macchina con un suo carattere che non finirà come la X-H1, eccellente, funzionale ma insipida.
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