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Immagine del redattoreGianluca Laurentini

Fujifilm GFX100 II, il test completo


 

Da quando nel 2017 venne presentata la prima mirrorless Large Format Fujifilm - la capostipite GFX50S -, ho sempre seguito con interesse l’evoluzione della famiglia GFX. Sin dalla presentazione della GFX100 II mi ha colpito un aspetto sul quale non ho visto soffermarsi altri recensori ed è che ancora una volta la famiglia GFX si evolve senza aver paura di rivoluzionare sé stessa. La GFX100 II infatti non è semplicemente una nuova GFX100 con qualche miglioria tecnica come il nome farebbe presupporre, ma una fotocamera nuova che attinge al meglio della GFX100 e che prova a raggiungere dimensioni e peso della GFX100S. In più lo fa anche ritoccando il prezzo al ribasso considerando che la prima versione della GFX100 costava 11.185 euro di listino, mentre questa si ferma a 8.145 euro. Non si può sicuramente considerare una mirrorless economica, ma ci sono oltre 3.000 euro di differenza tra i due modelli e non è poco.

È lecito pensare che in futuro non avremo più la famiglia delle Large Format a più alta risoluzione divisa in due, un corpo più prestante pensato per lo studio e uno più comodo e leggero, ma con qualche limitazione in termini di caratteristiche tecniche, per chi fotografa in esterni. Per fare ciò la GFX100 II ha dovuto abbandonare il battery grip integrato nel corpo macchina tipico della GFX100, permettendo comunque a chi necessita di questo strumento di comprare il Vertical Battery Grip a parte e di montare due batterie.

 

 

La prima domanda che mi sono fatto quando mi sono trovato di fronte a questa fotocamera è: per chi è stata progettata la GFX100 II? Avendo avuto la fortuna di provare negli anni tutte le GFX l'idea che mi sono potuto fare è che per chi abbia già una GFX100 non avrebbe molto senso cambiarla solo per le dimensioni più vantaggiose, allo stesso modo chi ha una GFX100S l'incremento di prestazioni si percepisce in alcune aree, ma non è tale da rendere necessario un cambiamento, a parte che per casi molto particolari e più orientati verso il video che la fotografia. Ci sarà  qualche possessore di GFX50 interessato a incrementare la risoluzione, ma quanti potranno mai essere? Sono quindi convinto che con la GFX100 II Fujifilm si sia rivolta al di fuori della cerchia dei clienti già acquisiti, ma che nelle loro intenzioni ci sia quella di offrire un prodotto di altissima qualità a un prezzo ancor più accattivante che in passato per acquisire un nuovo pubblico che oggi si rivolge ai sensori full frame. È lecito pensare ciò anche perché è questo il momento ideale per farlo: Fujifilm col suo progetto GFX è riuscita a far crollare i prezzi delle medio formato digitali (mi scuseranno da Tokyo se per una volta non uso il termine Large Format) e lo ha fatto in un momento in cui i prezzi delle fotocamere full frame della concorrenza hanno iniziato a salire facendo ridurre di molto la differenza di prezzo tra i modelli. È una strategia sicuramente interessante in un mercato in continua evoluzione, ancor più di quanto si riesca a percepire talvolta dall’esterno.

 

 

Se si segue la tecnica solo distrattamente si potrebbe essere portati a pensare che il sensore da 102 megapixel di risoluzione sia lo stesso che equipaggia GFX100 e GFX100S, ma il fatto che venga indicato come CMOS II HS farà invece scattare un allarme in chi è più attento a questi aspetti. La sigla HS Fujifilm l’aveva usata già per indicare la nuova generazione di sensori capace di lavorare ad alta velocità della serie X, High Speed per l’appunto. Non a caso la GFX100 II, lavorando in sinergia con il processore X-Processor 5, riesce a portare la velocità massima di scatto a 8 fotogrammi al secondo se si sceglie di scattare in formato 35mm  e a 5,3 se invece si opta per il pieno formato. Cosa si intende per formato 35mm in questo caso? Che la fotocamera sfrutta solo la porzione centrale e si comporta come una full frame invece che come una Large Format.

Sinceramente non ho mai nemmeno provato questa funzione con la GFX100 II durante il mio test perché non ne ho mai sentito l'esigenza, ma mi rendo conto che possa diventare interessante per recuperare tramite crop un po’ di lunghezza focale quando serve visto che la risoluzione della GFX100 II è veramente altissima.

In più Fujifilm fa sapere che sono state riprogettate le microlenti sul sensore e ciò consente di migliorare la cattura della luce agli angoli del sensore permettendo di ottenere una miglior qualità dell’immagine anche nelle zone periferiche.

 


All’atto pratico quello che mi interessava vedere era se la gamma dinamica del modello precedente fosse stata mantenuta o migliorata. Dopo diversi giorni di prove in condizioni variegate e spesso difficili posso garantire che la gamma dinamica rimane impressionante. Da paesaggista porto quasi sempre con me il mio corredo di filtri digradanti, ma i passi avanti fatti dai sensori negli ultimi anni mi portano a chiedermi se tra qualche anno ci sarà ancora bisogno di portarli con me o se con il passare del tempo non rischieranno di rimanere nell’armadio a coprirsi di polvere.

Anche se l’esposimetro è in grado di valutare attentamente la scena è proprio nelle situazioni che necessitano di sfruttare tutta la gamma dinamica del sensore che è necessario scattare in RAW. I jpeg della GFX100 II sono ottimi in condizioni di luce ottimale, ma quando il lavoro si fa duro… arriva il RAW e risolve tutti i problemi.

 


Nelle due foto di esempio si nota immediatamente come lo scatto in jpeg non sia in grado di rappresentare i dettagli complessi del cielo, mentre il RAW sviluppato sia in grado di recuperare anche il più insignificante dei dettagli tra le nuvole. Solo per curiosità ho provato a realizzare una fotografia con il mio smartphone (non un top di gamma, anzi…) e questo automaticamente attivava la funzione HDR in queste condizioni, senza però riuscire ad avvicinare la gamma dinamica della GFX100 II.

 

Anche la GFX100 II ha il sensore stabilizzato con la tecnica del doppio telaio, quello esterno classico della fotocamera e uno sospeso al suo interno sul quale è montato il sensore per stabilizzarlo. Scherzando ma non troppo, quando ho recensito la GFX100 nel 2019 per la rivista Fotografare scrissi che Fujifilm aveva usato la stessa idea di base adottata da Colin Chapman per la Lotus 88 del doppio telaio sospeso, solo che Fujifilm era riuscita a farla funzionare e mi sento di confermare questa sensazione. Anzi, dirò di più, l’efficacia della stabilizzazione è sorprendente se si considera la grandezza del sensore. Non a caso uno dei migliori stabilizzatori che mi sia capitato di provare in passato è stato quello Olympus, solo che in quel caso lo stabilizzatore deve muovere un sensore micro 4/3 di dimensioni 17,3x13mm, mentre questo è un Large Format di dimensioni 43,8x32,9mm che ha anche un peso maggiore, sarebbe quindi comprensibile se le differenze fossero abissali nei risultati, ma queste differenze non si percepiscono così nettamente. Lo stabilizzatore della GFX100 II è assolutamente all’altezza del compito e l’efficacia del suo IBIS arriva fino a 8 stop assicurando una certa tranquillità durante la fase di scatto.

 


Un’altra cosa che volevo provare sul campo era la tenuta alle alte sensibilità. Negli anni questo è stato sempre un punto di forza dei sensori Large Format e nel range di utilizzo di base, da ISO 80 a 12.800, i risultati sono come al solito eccellenti. Ho voluto così provare a portarmi al limite della gamma estesa, cioè a ISO 102.400. Anche se in questa condizione i risultati sono contraddistinti da un rumore veramente molto evidente quando si guarda la foto al 100% delle dimensioni se non c’è necessità di stampare in grandi dimensioni e se si accetta di utilizzare lo strumento “Migliora” di Adobe Camera RAW o Lightroom i risultati sono pienamente accettabili anche per la maggior parte degli usi professionali. Un risultato incredibile dovuto alle caratteristiche tecniche della mirrorless e al sapiente uso dell’intelligenza artificiale di Adobe Photoshop. Su un file così grande si potrebbero immaginare tempi lunghissimi di elaborazione da parte del software, invece per elaborare la foto che ho usato in questo esempio sono bastati circa 3 o 4 minuti. Che per un file da 102 megapixel sono veramente pochi rispetto a quanto mi sarei aspettato di dover attendere.

 


La foto che vedete in questo esempio è stata scattata in una chiesa di Roma a mano libera a ISO 8000 per poi essere scattata nuovamente prima a ISO 12.800 e quindi a ISO 102.400 e delle quali vi mostro solo un dettaglio ingrandito. Le prime due prove sono state quindi scattate nella gamma delle sensibilità di base, mentre la terza al limite estremo della gamma estesa. Il quarto dettaglio invece mostra la foto scattata a ISO 102.400 dopo aver applicato il processo “Migliora” in Adobe Camera RAW.

 

Fujifilm ha spiegato che l’alta velocità del nuovo X-Processor 5 viene usata anche per ottenere un autofocus più reattivo e preciso. Già mediante l'uso delle tecnologie di deep learning anche l'autofocus di una fotocamera priva di autofocus ibrido come la GFX50S II aveva notevolmente incrementato la sua reattività rispetto ai modelli precedenti, oggi grazie a una migliorata velocità dell'insieme formato dal sensore e dal processore d'immagine c'è stata un'ulteriore evoluzione dell'autofocus di tipo ibrido che ha ridotto la distanza che separa le GFX dalle mirrorless full frame della concorrenza. Secondo me il gap è ancora evidente in alcune condizioni, specialmente quando si tenta di inseguire un animale la GFX100 II ha dei limiti rispetto alle migliori full frame del mercato odierno e penso che anche nella fotografia sportiva possano emergere tali differenze, ma ritengo anche che le GFX abbiano senso di esistere se ci si cimenta in generi fotografici che prescindono in parte dalla velocità pura di esecuzione. Insomma, se decidete di utilizzare la GFX100 II per fotografare le macchine di Formula 1 forse il problema non è la macchina fotografica, ma la scelta di portare totalmente fuori dal suo habitat una fotocamera che dà il suo meglio in altri ambienti di lavoro dove può permettersi di guardare dall'alto in basso la maggior parte della concorrenza.

 


Il fatto che il corpo macchina sia tropicalizzato e in grado di resistere al freddo offre una certa tranquillità in fase di scatto anche in pieno inverno nel bosco come in questo caso.

 

Tra i miglioramenti di questo nuovo modello c’è anche una maggior frequenza di aggiornamento dell’immagine nel mirino. Attivando la modalità Boost infatti il frame rate arriva fino a circa 120 fotogrammi al secondo. Il mirino elettronico è un OLED da 0,64” con circa 9.44 milioni di punti di risoluzione. È molto comodo e l’occhio riesce a trovare bene le informazioni al suo interno che sono ben disposte per risultare leggibili, ma allo stesso tempo non invadenti. Il display posteriore è invece un classico LCD touch-screen da 3,2” di diagonale e 2.36 milioni di punti di risoluzione. La proporzione degli assi è 4:3, come quella del sensore Large Format. Si tratta di un display di tipo classico su cui c’è poco altro da dire, infatti negli ultimi anni gli standard si sono allineati e a parte qualche dettaglio quello che si può dire per l’uno vale anche per l’altro.

La GFX100 II mantiene il display superiore con fondo nero personalizzabile. So che a molti piace l’idea di vedere le ghiere rappresentate, ma a mio avviso se si visualizza l’istogramma si ha una maggior capacità di accorgersi di eventuali problemi ancor prima di scattare. Fujifilm ha inclinato la calotta di 11° per rendere più facile la lettura del display superiore mentre si tiene d’occhio contemporaneamente il display posteriore. Si riescono in questo modo ad avere sotto controllo tutte le informazioni senza alcun problema.

 


Parlando dell’ergonomia della GFX100 II questa si presenta come una via di mezzo tra la GFX100 e la GFX100S. Personalmente parlando non amo le fotocamere con il battery grip integrato, anche se questa soluzione permette di aumentare di molto l’autonomia e di ottenere una presa più comoda per gli scatti in verticale ed è gradita a molti fotografi. Il fatto che la GFX100 II abbia un corpo privo di questa soluzione e una forma più classica mi piace, anche perché ciò permette di utilizzare borse più piccole e leggere favorendone il trasporto. Il fatto di poter disporre all’occorrenza di un Vertical Battery Grip originale Fujifilm (sigla: VG-GFX100II) lo trovo giusto, c’è chi scatta molto in verticale, come per esempio i ritrattisti, e necessita di montarlo per motivi professionali. Quello che mi convince meno è che di listino al momento il Vertical Battery Grip costi 570 euro iva inclusa, ma che non comprenda nemmeno una batteria NP-W235 aggiuntiva. Costando queste batterie a listino 69,99 euro forse almeno una la si sarebbe potuta includere nella confezione.

 

Sempre parlando a livello personale la svolta che ha portato alcuni corpi macchina Fujifilm verso l'adozione della ghiera PSAM abbandonando le ghiere di stampo classico per la selezione degli ISO e dei tempi di scatto non mi convince. Non dovete pensare che sia uno di quelle persone oltranziste che non vogliono adattarsi al moderno, tanto che nel test della Fujifilm X-S20 non avevo avuto problemi a comprendere e a riconoscere come validi i motivi di questa scelta, ma trovo che per i corpi GFX l’uso di una configurazione più classica possa essere preferibile. Anche perché le GFX sono fotocamere che si rivolgono a una clientela molto preparata che non può avere problemi a passare da una configurazione all’altra.

Ho apprezzato invece il fatto che dietro all'interruttore di accensione della fotocamera siano stati inseriti tre comodi pulsanti funzione programmabili che si sono rivelati una risorsa preziosa per avere una gestione più fluida durante il lavoro sul campo.

 


Il menù Fujifilm continua a essere di facile consultazione e con le voci ben raggruppate che conosciamo da tempo. Quello che mi piace dei marchi che come Fujifilm hanno trovato una buona sintesi nel gestire i loro menù è che si possa passare da fotocamere amatoriali a superprofessionali mantenendo quella sensazione di familiarità che fa sempre piacere ritrovare nel passaggio da una fotocamera all’altra. Usare una X-E4 e una GFX100 II chiaramente non è la stessa cosa e le opzioni selezionabili con la seconda sono molte di più, però il modo di gestire e di raggruppare le opzioni è così riconoscibile e intuitivo che il passaggio dall’una all’altra è tutt’altro che traumatico e lo si può fare senza riscontrare problemi.

C’è una novità sul menù che ho apprezzato particolarmente: con le altre GFX quando si selezionava l’autoscatto a 2 o a 10 secondi ogni volta che la fotocamera si spegneva o andava in stand-by questa opzione si disattivava automaticamente e bisognava ogni volta tornare nel menù per riattivarla. Chi fa fotografia di paesaggio come me è abituato a usare il cavalletto e a volte deve fare brevi spostamenti durante i quali la fotocamera va in stand-by e questo in passato diventava un fastidio e una perdita di tempo. Ora nel menù sotto la voce “Autoscatto” si trova quella “Salva impostazioni autoscatto” che consente di scegliere se far disattivare l’opzione automaticamente oppure no. Inoltre si trova un’ulteriore voce nel menù che consente di scegliere se far accendere la luce dell’autoscatto oppure no. Trovo quest’ultima possibilità interessante perché una fotocamera come la GFX100 II difficilmente verrà utilizzata da qualcuno per farsi l’autoscatto davanti la torta di compleanno con i propri familiari e quindi l’attivarsi della luce dell’autoscatto sarà il più delle volte inutile. Piccoli dettagli che però fanno la differenza e che fanno capire che Fujifilm ascolta i suoi tester visto che ad ogni nuovo modello troviamo nuove opportunità dettate dall’esperienza sul campo.

 

Per quanto riguarda il sistema di memorizzazione troviamo una novità importante rispetto al passato recente. GFX100 e GFX100S avevano un doppio slot per schede SD, invece ora sulla GFX100 II accanto a uno slot per le schede SD ne troviamo un altro per schede CFexpress tipo B. Negli ultimi anni questo formato si sta affermando nei modelli top di gamma, ma perché in passato Fujifilm si era potuta permettere di prescindere dalle CFexpress che sono molto più costose rispetto alle più comuni SD? Semplice, perché oggi la GFX100 II non si ferma alla registrazione di video in 4K come i modelli che l’hanno preceduta, ma arriva a filmare in 8K/30p. La registrazione di video in 8K obbliga all’uso di schede nettamente più veloci e le schede CFexpress sotto questo punto di vista sono una garanzia.

Ricordo che quando provai per la prima volta la GFX100 durante la sua presentazione scattai una raffica e nonostante stessi usando una scheda SD veloce, quando andai a riprendere la scheda questa scottava letteralmente. Pensare di utilizzare una scheda del genere per filmare in 8K è chiaramente improponibile.

Tra l’altro, sempre rimanendo in tema calore, quando si registrano video in ambienti particolarmente caldi c’è la possibilità di montare la ventola esterna FAN-001 per il raffreddamento. Fujifilm ha quindi permesso ai suoi clienti di utilizzare la stessa identica ventola presentata con la X-H2, consentendo quindi a chi fa video di professione di non dover comprare uno strumento diverso nel caso in cui utilizzi corpi macchina X e GFX. Queste piccole attenzioni ci piace farle notare quando è possibile.




La GFX100 II consente il supporto del formato HEIF, uno standard che si sta iniziando lentamente a diffondere e che probabilmente nel tempo sostituirà il jpeg visto che offre una qualità migliore necessitando di meno spazio, ma che per il momento fa fatica ad affermarsi come standard di riferimento. È stata confermata la funzione Pixel Shift Multi-Shot per sfruttare la meccanica dell’IBIS per scattare una serie di fotografie, 20 per la precisione, per realizzare una fotografia da 400 megapixel di risoluzione in cui ogni punto è stato generato ottenendo le informazioni dai pixel rossi, verdi e blu e generando un file ricco di dettagli e con riduzione dei falsi colori. Naturalmente è una funzione che si può utilizzare solamente con soggetti completamente statici, ma che può essere molto interessante per chi lavora con lo still life o nella fotografia di interni.

 

Sono state confermate le simulazioni pellicola e ne è stata introdotta una nuova, la Reala ACE. La ventesima simulazione pellicola da parte di Fujifilm. Da qualche anno ormai le simulazioni si possono utilizzare senza problemi anche in formato RAW perché Lightroom le riconosce e le applica in automatico. Ritengo che le simulazioni pellicola siano più interessanti con corpi macchina della serie X, ma anche con le GFX a volte può essere comodo partire da un concetto di fotografia più vicino a uno stile pellicola che magari perdere molto tempo per crearsi dei preset personalizzati per ottenere risultati simili.

 



 

Fino a qualche tempo fa una delle opposizioni che faceva qualcuno era che il sistema GFX non avesse un numero sufficiente di obiettivi per accontentare tutti i professionisti. È inutile cercare di nascondere che questa osservazione non si fondasse su un problema reale, come ogni sistema che nasce per forza di cose avrà inizialmente un numero di ottiche disponibili limitate e questa considerazione vale per tutti i marchi. Provate a pensare quante novità hanno dovuto portare in pochissimo tempo Canon e Nikon dopo la presentazione del sistema EOS R e Z pur avendo il vantaggio di poter rendere compatibili tutte le vecchie ottiche tramite un anello adattatore. Quando si parte da un foglio bianco è inevitabile che ci sia un tempo di assestamento durante il quale il produttore dovrà cercare di accontentare la maggioranza delle persone con prodotti più standard per poi poter iniziare a soddisfare anche le nicchie con prodotti di minor diffusione, ma non per questo meno importanti. Oggi quello delle ottiche GF è un sistema piuttosto completo che conta ben 15 obiettivi e che è in grado di soddisfare le esigenze della maggioranza dei fotografi, anche se qualcosa in più si potrà chiedere in futuro in termini di teleobiettivi visto che la scelta sotto quel punto di vista è ancora un po’ limitata.

 

 

Come accennato in apertura l’alimentazione della GFX100 II non è più data da due batterie NP-T125 come sul modello originale che aveva il battery grip integrato. Al loro posto troviamo una batteria NP-W235 come sulla GFX100S che ha in questo caso un’autonomia stimata fino a 540 scatti secondo i test eseguiti secondo gli standard CIPA. Naturalmente la durata effettiva dipende molto dalle condizioni di utilizzo, ma devo ammettere che l’autonomia è così buona che sono riuscito a scattare anche due sessioni di fotografia notturna - lunghe esposizioni comprese - senza dover ricaricare e avendo ancora un 30% di batteria disponibile quando sono andato a ricaricarla. Non ho mai portato la batteria a scaricarsi completamente per contare l’effettivo numero di scatti eseguiti con una sola carica perché non avrebbe senso, quello che mi interessava capire era se l’autonomia fosse tale da far lavorare il fotografo in tranquillità e devo dire che non ho mai vissuto l’ossessione di rimanere con la batteria scarica come succedeva con le prime mirrorless Fujifilm. Ricordo che dopo aver effettuato il test della X-T2 nella recensione per Fotografare lodai molte delle sue caratteristiche, ma specificai che senza una seconda batteria carica in tasca si viveva con l’ansia di rimanere senza energia, cosa che non succede assolutamente con una fotocamera moderna come la GFX100 II. Ciò fa capire quanti passi avanti siano stati fatti in termini di contenimento del consumo di energia in questi anni.

 

La GFX100 II è una fotocamera eccezionale, all’altezza della fama delle mirrorless della stessa serie che l’hanno preceduta. È una fotocamera con dei pregi che la rendono adatta non a tutti gli scopi, ma che per chi è in grado di sfruttarne pienamente il potenziale diventa una risorsa indispensabile lavorativamente parlando. Ho la sensazione che il grande pubblico si sia abituato all’idea che esistano le Large Format e che per questo ci sia la tendenza a sottovalutare l’importanza sempre maggiore che queste fotocamere stanno assumendo e che potrebbero assumere in futuro. Fujifilm ha rivoluzionato il mercato della fotografia professionale facendo una scommessa coraggiosa quando sarebbe stato molto più semplice adeguarsi alla concorrenza e affiancare alla serie X - che come risaputo adotta sensori formato APS-C - una linea di full frame. Ha preferito scegliere una via più impervia e di questo gliene va dato atto. Certo, la tecnologia avanza in tutti i settori e anche le fotocamere full frame sono arrivate ad avere risoluzioni molto alte e una gamma dinamica paragonabile, ma la pulizia dei file delle fotocamere Large Format di Fujifilm una volta provata non la si dimentica ed è da qui che bisogna partire quando si parla della serie GFX, dall'estrema qualità che è in grado di fornire ai fotografi, con file molto malleabili da lavorare, con una profondità di colore top e una tenuta agli alti ISO superiore a quella fornita dai sensori full frame. E ci mancherebbe altro, mi verrebbe da aggiungere pensando alla differenza di dimensioni del sensore. Tutto questo con corpi macchina che diventano di generazione in generazione più leggeri e facili da portare e, come detto in apertura, con prezzi che stanno diventati sempre più vicini a quelli delle full frame top di gamma.



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