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Intervista a Simone Sbaraglia, fotografo naturalista e Fuji X Ambassador

Diamo un caloroso benvenuto sulle pagine di Fotografiamo a Simone Sbaraglia, fotografo naturalista, inviato delle riviste Oasis e Natura e Fuji X Ambassador.


Grazie per aver accettato il nostro invito Simone. Innanzitutto devo complimentarmi con te per Ritratto di un Pianeta selvaggio, fino a pochi giorni fa in mostra al Museo di Zoologia di Roma. Ho avuto modo di visitare il museo e la mostra e sono rimasto veramente colpito dalla portata del progetto. Puoi raccontarci il lavoro che c'è dietro? Quanto tempo hai impiegato a realizzarlo?


È un progetto che vuole mettere in luce la bellezza del nostro Pianeta, in particolare nella sua anima selvaggia. Per fare questo sono andato a scovare i luoghi in cui la Natura è ancora il più possibile autentica. La maggior parte delle immagini sono state realizzate nel corso degli ultimi tre anni anche se la pianificazione dei luoghi da visitare ha richiesto molto più tempo. In alcuni posti poi sono dovuto tornare più volte per realizzare gli scatti che cercavo.



Quando hai cominciato ad amare la fotografia? Cosa rappresenta per te e per la tua vita?


Ho iniziato un po' per caso. La mia formazione è come matematico ed ho passato un lungo periodo della mia vita negli USA, lavorando in un centro di ricerca a New York. Viaggiando per gli Stati Uniti ho scoperto la meravigliosa natura di quel Paese ed ho iniziato a fotografare. In pochissimo tempo ho capito che volevo che la fotografia, il viaggio e la Natura entrassero a far parte della mia vita, ed è stato un cambiamento radicale: ho lasciato il mio lavoro e gli USA, sono tornato in Italia ed ho iniziato a costruire un portfolio di immagini naturalistiche. Oggi la matematica fa ancora parte della mia vita, sono professore associato all'Università di Cagliari, ma la fotografia occupa una parte molto importante: mi consente di comunicare, di esprimere le mie emozioni e di dar voce alla parte più emotiva e comunicativa del mio animo. Inoltre credo svolga anche una importante funzione sociale, facendo conoscere alle persone luoghi e storie di cui altrimenti non verrebbero a conoscenza.


So che utilizzi principalmente fotocamere Fuji, e che sei un Fuji X ambassador. Condivido a pieno la tua scelta, sono passato anche io completamente al sistema Fuji X nel 2012. Ricordi in che occasione hai scoperto Fuji, cosa ti ha fatto innamorare del brand e cosa ti ha convinto ad utilizzarlo?


La prima fotocamera Fuji che ho utilizzato è stata una X-T1, circa 4 anni fa. Mi affascinava la possibilità di avere un kit estremamente leggero e agile, ma la utilizzavo prevalentemente per i miei lavori di reportage. Con quella macchina ho realizzato, fra le altre cose, un reportage sui minatori di zolfo dell'isola di Giava, in Indonesia. Poi ho iniziato a usare la X-T1 anche per la fotografia naturalistica. Quando Fuji ha iniziato a progettare la X-T2 mi ha contattato chiedendomi di far parte dei tester della macchina. Ho così ricevuto un prototipo con la quale ho realizzato il 90% delle immagini di questo progetto. Da allora collaboro stabilmente con Fuji, sia sul sistema X che sul medio formato, ed ho trovato nel team Fujifilm Italia delle persone incredibilmente sensibili all'arte ed alla cultura e sempre disposte a supportare progetti puramente culturali senza un immediato fine di lucro.


Come gestisci il flusso di lavoro dopo lo scatto? Che software preferisci usare per archiviazione e postproduzione?


Utilizzo Lightroom per tutta la parte di archiviazione, selezione e gestione del catalogo digitale. Uso Lightroom anche per la post-produzione della maggior parte delle immagini di animali. Per post-produzioni più avanzate, che mi capita di eseguire nelle fotografie di paesaggio molto più spesso che nelle fotografie di animali, uso Photoshop. Credo che la post-produzione sia una parte integrante del percorso fotografico, che inizia con un messaggio che si intende comunicare e si conclude con l'immagine finita. Perciò presto molta attenzione a tutte le fasi dello sviluppo in post-produzione.


Immagino sia necessario un gran lavoro di pianificazione prima di ogni viaggio. Come prepari gli itinerari? Ti affidi a guide locali per raggiungere i luoghi incontaminati ritratti nelle tue foto?


Pianifico nei minimi dettagli i miei viaggi, facendo ricerche su google, studiando i luoghi con Google Earth, cercando immagini e articoli, leggendo tutto quello che è stato scritto sulla specie o sul luogo che voglio andare a fotografare. Sul posto mi affido a guide che mi accompagnino, in alcuni casi riesco a trovarle in anticipo in altri casi devo cercarle lì per lì.


In viaggio per luoghi incontaminati immagino sia importante portare una attrezzatura leggera, robusta ed affidabile, e probabilmente molte batterie. Come prepari la tua borsa fotografica, e che borsa utilizzi? Utilizzi corpi ed ottiche tropicalizzati?


Per la fotografia di wildlife utilizzo fotocamere Fuji della serie X, prevalentemente la X-T2 e la X-T3. Come ottiche utilizzo prevalentemente grandangolari come il 10-24 e oggi anche l'8-16. Come focali lunghe uso il 50-140 o il 100-400 a seconda del tipo di animali che devo fotografare. Un altro accessorio fondamentale nel mio kit è il flash, utilizzo il Fuji EF-X500 nel 90% delle mie fotografie di animali.

Per la fotografia di paesaggio invece prediligo il medio formato, in particolare la Fuji GFX50R (fino allo scorso anno utilizzavo la GFX50S) con ottiche da 23 a 100mm. Naturalmente poi abbondanza di batterie, schede di memoria, hard disk esterni per effettuare backup sul campo e ovviamente treppiedi.



Quali ottiche e fotocamere Fuji porti con te quando sei in viaggio? E quali invece quando passeggi per Roma nel quotidiano?


Nei viaggi scelgo tra il "kit wildlife" e il "kit paesaggi" che ho descritto sopra a seconda della situazione. Nel quotidiano non fotografo spesso. Non sono solito portare macchine fotografiche quando vado in giro per Roma o in vacanza con la mia famiglia. Per me la fotografia è un'attività che richiede la pianificazione della storia che si vuole raccontare, è necessario prepararla, scoprirla, realizzarla. Non è un'attività estemporanea e non sono interessato a immagini singole avulse da un racconto fotografico. Per questo motivo non fotografo se non nel corso dello sviluppo di un progetto.


In questi anni hai viaggiato molto per realizzare il tuo progetto. Pensi che il tuo lungo viaggio ti abbia cambiato come persona e come autore?


Certamente, ogni luogo che ho visitato, ogni animale ed ogni persona che ho incontrato ha lasciato impresse delle sensazioni indelebili. Nel complesso questo bagaglio di esperienze cambia il modo in cui vediamo il mondo e gli altri e contribuisce a renderci ciò che siamo. Non credo, ad esempio, che avrei potuto realizzare certe immagini se non avessi avuto l'esperienza di viaggi precedenti che mi hanno aperto la mente ad una visione di un certo tipo.


Esistono ancora luoghi veramente incontaminati sul nostro pianeta?


Molto pochi. Talvolta nella giungla dell'Africa o dell'Asia o in Alaska si ha la sensazione di trovarsi davvero nella natura incontaminata ma anche in quei casi probabilmente si è a non molti chilometri da contesti fortemente antropizzati. La maggior parte degli animali e luoghi simbolo soffrono poi di un turismo di massa che rende l'esperienza sempre meno autentica. Proprio per questo ho cercato nel mio lavoro di concentrarmi sui luoghi anche meno noti ma più autentici.


Una tua cifra stilistica è quella di ritrarre gli animali guardandoli direttamente occhi, una operazione non facile, che immagino presenti non poche difficoltà, soprattutto nel caso dei grandi felini per i quali, si dice, il contatto visivo diretto è da considerarsi un segno di sfida. Hai mai incontrato difficoltà di qualche tipo? L'animale soggetto dei tuoi ritratti ha mai reagito attaccando o mettendosi sulle difensive?


In generale per avvicinare un animale è necessaria molta pazienza, rispettare i suoi tempi e cercare di essere accettati. Questo è più semplice con i primati naturalmente ma la maggior parte degli animali, se non si sente minacciata, tende a non essere aggressiva. Naturalmente alcuni animali, come i felini, vanno fotografati in condizioni di sicurezza, ad esempio dalla jeep o sul dorso di un elefante. Mi sono capitati alcuni episodi potenzialmente pericolosi ma sono sempre stati dovuti a una mia disattenzione, o a mancanza di capacità nel percepire i segnali di nervosismo dell'animale.


C'è una foto in particolare legata ad una emozione o ad un evento particolare che ci vorresti raccontare?


Le foto a cui sono più legato sono quelle degli oranghi, per la storia che raccontano. La storia di un animale incredibilmente pacifico che oggi è ad altissimo rischio di estinzione a causa della distruzione del proprio habitat.


Quali autori del passato o contemporanei consiglieresti di studiare, e quali libri consiglieresti di leggere?


Io mi sono formato sui classici della fotografia di paesaggio, di reportage, di ritratto. Credo ci sia da imparare da tutti i maestri della fotografia che ci hanno preceduto. Da Ansel Adams a Eugene Smith per arrivare ai grandi fotografi di guerra contemporanei come James Nachtwey. Credo di aver imparato più da loro, dal loro approccio con il soggetto, dalla loro empatia e capacità di raccontare storie, che dai classici della fotografia naturalistica. Anche perché l'approccio classico, documentaristico, alla fotografia di natura non mi ha mai appassionato. Nell'ambito della fotografia naturalistica credo che abbiano lasciato un segno indelebile nella mia formazione Michael Nick Nichols, Jim Brandenburg, Vincent Munier, artisti che hanno saputo usare la macchina fotografica per ritrarre l'anima della Natura.


So che la mostra partirà da Roma per un viaggio itinerante che affronterà varie tappe. Se alcune di esse son già state programmate potremmo dare una anticipazione ai lettori sul percorso e le date previsti?


La prossima tappa sarà a Cagliari a partire dal 9 Marzo, poi abbiamo in programma, in ordine sparso, Bari, Napoli, Palermo, Torino, Milano, Firenze, Bologna e anche diverse tappe europee.


Hai dei collaboratori che ti aiutano nel preparare gli itinerari o che viaggiano insieme a te in giro per il mondo?


Ho dei collaboratori che mi aiutano nella pianificazione delle mostre, delle attività e di tutta la parte organizzativa ma per quanto riguarda il lavoro sul campo preferisco pianificare e lavorare in solitudine.


C'è un sito dove i nostri lettori potrebbero vedere qualcuno degli interessantissimi video didattici che sono parte integrante della mostra?


Certo, tutti i contenuti della mostra, comprese audioguide, video e contenuti didattici, sono sul sito www.ritrattodiunpianetaselvaggio.it


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Al Castello di San Michele di Cagliari, venerdì 15 Marzo ore 19.00 Simone Sbaraglia terrà un seminario sulla fotografia naturalistica.

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