Canon EOS R1, il test completo
- Gianluca Laurentini
- 16 giu
- Tempo di lettura: 10 min

Ritengo che quella della Canon EOS R1 sia una storia che ognuno dovrebbe conoscere prima di iniziare a leggere un suo test, per poter capire meglio il contesto in cui questa mirrorless è arrivata e il perché delle successive valutazioni. Al lancio della EOS R3 - avvenuto nel 2021 - Canon ha fatto sapere di non considerare quella fotocamera come l'ammiraglia e lo ha ripetuto più e più volte in ogni singolo evento stampa a essa collegato. Naturalmente allora la sigla EOS R1 era tabù, non se ne poteva parlare o scrivere ufficialmente, anche se la mancanza del numero 1 tra i nomi delle fotocamere e il non considerare ammiraglia la EOS R3 erano due indizi più che chiari per tutti quelli che si occupano di fotografia a un certo livello. Comunque al solo sentire parlare di EOS R1 tutti facevano spallucce per dire: “aspettate e vedrete” senza sbilanciarsi oltre. Ciò ha caricato di aspettative tutto il mondo della fotografia, che ha riversato le proprie fantasie sulla EOS R1, senza però avere in mano nulla di concreto di cui parlare. Ricordo che all'epoca lavoravo per la rivista Fotografare e, con il pieno appoggio della direttrice Emanuela Costantini, con la quale la sintonia su questo punto era perfetta, mi sono sempre rifiutato di riportare i tanti rumors solo per occupare pagine della rivista, perché ce n'erano veramente tanti e molti erano in contrasto tra di loro. Poi Canon ha finalmente svelato al mondo l'informazione dello sviluppo della EOS R1 e tutti hanno pensato che come da tradizione sarebbe stata presentata a inizio 2024, cioè in tempo per le Olimpiadi, invece le cose sono andate un pochino per le lunghe e questo ha fatto di nuovo crescere le aspettative verso la mirrorless ammiraglia di casa Canon. Per non parlare di quanto se ne sia parlato quando è stato avvistato un esemplare di preproduzione durante il GP di Monaco di F1 di quell'anno, ma almeno in quell’occasione c’era qualcosa di concreto di cui parlare. Quindi la presentazione ufficiale è arrivata pochi giorni prima delle attese Olimpiadi e il marchio ha fatto sapere che era già iniziata la distribuzione dei primi esemplari ai fotografi delle agenzie che collaboravano a più stretto contatto con Canon, che avrebbero potuto provare in anteprima questa mirrorless, anche se per la distribuzione nei negozi avremmo dovuto attendere ancora un po’ di tempo. Insomma la EOS R1 è nata con intorno un alone di mistero e un'attesa tali che hanno rischiato di nuocere alla sua immagine. Ricordo di gente che parlava sui gruppi Facebook di appassionati di fotografia dando per certe caratteristiche tecniche che non era realistico nemmeno provare a immaginare. Invece quando è arrivato il momento della presentazione la EOS R1 si è rivelata una mirrorless interessante, molto concreta e la sintesi di uno sviluppo assolutamente razionale delle caratteristiche che Canon ha sempre riservato alle proprie ammiraglie. La EOS R1 è, in fin dei conti, molto più prestante di una EOS 1D X Mark III, la reflex che va a sostituire, e di una categoria superiore alla mai considerata ammiraglia EOS R3.
Quando si prende per la prima volta una fotocamera in mano è sempre un momento magico in cui o scatta qualcosa oppure no, in cui ci si può sorprendere o si può rimanere perplessi per qualche dettaglio. Con la Canon EOS R1 la mia prima impressione è che, nonostante prevarichi notevolmente la EOS 1D X Mark III in quanto a prestazioni, sia incredibilmente più compatta e leggera di essa. Controllando le specifiche tecniche sembrerebbero minime le differenze dimensionali, ma la sensazione al tatto dice altro. Ad agevolare questa sensazione c’è anche la differenza di peso, la reflex pesava 1.250 grammi mentre questa nuova mirrorless appena 920, oltre un quarto di meno. Nonostante quanto detto rimane un’ammiraglia e non è certamente una fotocamera da portare in uno zainetto, ha il battery grip integrato e i comandi riportati per lavorare in verticale. Resiste alle temperature estreme e agli agenti atmosferici, una fotocamera professionale in tutto e per tutto, ma della nuova generazione.

Quando si avvicina l’occhio al mirino si ha un'altra bella sorpresa, le sue dimensioni permettono una visione veramente comoda e confortevole. Parliamo infatti di un OLED da 0.64” di diagonale, 9.44 milioni di punti e un ingrandimento pari a 0,9x. Se si è abituati a utilizzare un mirino comodo, per esempio uno da 0.5”, il passaggio a questo è sicuramente piacevole, ma se si usano i mirini microscopici a cui ci hanno abituati altre mirrorless guardare lì dentro deve essere veramente traumatico, da non voler più tornare indietro. Avere a disposizione un mirino elettronico così grande e definito consente di visualizzare molte informazioni senza che sia preclusa la visione dell’immagine, mantenendo al contempo ogni singola lettera o cifra perfettamente leggibile.
Per il test mi è stato affidato il nuovo RF 100-500mm f/4.5-7.1L IS USM, di cui parlerò a breve in un altro test completo, e poi mediante un anello adattatore ho provato anche alcuni miei obiettivi EF. Anche con un teleobiettivo così voluminoso e pesante - oltre 1.500 grammi - la fotocamera era facilmente trasportabile e molto ben bilanciata, anche se avrei preferito avere in prestito anche la tracolla in dotazione per avere una maggiore libertà di movimento. È strano pensare che l’accoppiata fotocamera più obiettivo non superi i 2.500 grammi e risulti estremamente compatta, mentre con gli equivalenti appartenenti al mondo reflex avremmo sfiorato i 3 chilogrammi.

Per scattare questa foto è stato utile il display orientabile visto che mi trovavo in mezzo a una folla.
Per anni ho scritto che Canon stava sbagliando nel non inserire un display posteriore orientabile sui propri corpi macchina professionali e ogni volta che ponevo la questione in qualche conferenza stampa la risposta era sempre che la casa madre li ritenesse troppo fragili per un uso professionale. Per fortuna con l'introduzione delle mirrorless EOS R Canon ha deciso di cambiare strategia e di offrire anche sulla EOS R1 un display posteriore con snodo Vari-Angle, che è molto pratico e aiuta nelle situazioni più complesse. Il display posteriore ha una diagonale di 3,2” e 2,1 milioni di punti. Prima di provarla non capivo perché avessero scelto di dimezzare la definizione dello schermo rispetto agli oltre 4 milioni di punti della EOS R3 e non avevo idea di come questo avrebbe influito durante il lavoro. È vero che con quel mirino si ha una comodità di visione impressionante, ma perché tornare indietro proprio sull'ammiraglia? Poi, avendole provate entrambe, ho notato che non si percepisce una differenza così grande tra i due display, quindi la spiegazione che mi sono dato è che questa scelta sia mirata ad aumentare l'autonomia della fotocamera. Infatti, a parità di batteria, la EOS R1 guadagna non poco in autonomia rispetto alla EOS R3. Se usando il mirino i valori si assomigliano, 700 scatti contro 620, a riprova che si è comunque lavorato sul limitare l’uso di energia, quando si usa il display LCD la EOS R1 arriva a ben 1330 scatti contro gli 860 della EOS R3.

Anche la EOS R1 come la EOS R3 e i due modelli di EOS R5 ripropone il grande pulsante “MODE” al posto della ghiera PSAM.
Un'ammiraglia è una fotocamera destinata principalmente a chi lavora nello sport, di solito allo sport si aggiunge anche la fotografia naturalistica, ma la realtà dei fatti ci dice che attualmente le mirrorless hanno portato la loro tecnologia a un livello così estremo che anche per chi fotografa lo sport in realtà è difficile portare al limite queste fotocamere, se non in condizioni veramente estreme. Ricordo qualche anno fa le difficoltà che avevano i fotografi durante il GP di Singapore di Formula 1 per via del fatto che si corre di notte, oggi i GP in notturna sono aumentati e la crescita prestazionale degli apparecchi fotografici ha risolto la maggior parte dei problemi e durante la cerimonia del podio dell’ultima edizione si potevano riconoscere diversi esemplari di EOS R1 in mano ai fotografi ufficiali.

Raffica ripresa su un gruccione in volo.
Oggi però la differenza non la fanno più così tanto come in passato i sensori, la tenuta agli alti ISO o la cadenza di scatto continuo, la vera differenza a questi livelli si vede nelle prestazioni dell’autofocus. Quelli delle mirrorless di ultima generazione sono diventati rapidi e precisi grazie soprattutto alle tecnologie di deep learning, le fotocamere riescono infatti a distinguere i soggetti e a capire se si tratta di un animale, di una persona o di un veicolo. Per chi lavora nella moda i nuovi autofocus riescono a mettere a fuoco sull’occhio più importante per la composizione scelta, ma la cosa più interessante è che la EOS R1 ha fatto un ulteriore passo avanti in questa tecnologia introducendo la modalità “Action Priority”, modalità che è in grado di leggere le azioni nel calcio, nella pallavolo e nel basket e di mettere a fuoco su quello che è il soggetto dell'azione. Ho fatto qualche prova su dei bambini che giocavano a calcio e, devo ammettere che la fotocamera ha un comportamento molto promettente. Devo aggiungere che i bambini si muovono in modo così disordinato che probabilmente quello su di loro è un test più difficile da superare rispetto a quello su un campo di calcio di Serie A, ma non avendo la controprova non posso dire una parola definitiva su questo. Riguardo al suo funzionamento la sensazione che ho avuto è che la fotocamera segua il movimento del pallone e che in base a quello cerchi il giocatore che con maggiore probabilità porterà avanti la prossima azione, questa però è una mia sensazione basata sulle prove che ho effettuato e che solo gli ingegneri che si sono occupati del software potrebbero confermare o smentire.
Ho provato la EOS R1 anche sul passaggio delle Frecce Tricolori e dei ciclisti del Giro d'Italia. Se nel primo caso la fotocamera non sbaglia un colpo, nel secondo abbiamo un comportamento che prevedibilmente tende a mettere a fuoco il primo della fila. Sperare che la fotocamera capisca chi è la maglia rosa è per ora un po' troppo. Solo per ora, visti i progressi degli ultimi anni.

“Ritratto” di uno degli angeli di Ponte Sant’Angelo, Roma.
Per farvi capire quanto l'autofocus di una mirrorless moderna sia specializzato vi racconto un piccolo aneddoto. Una mattina sono andato a provare il funzionamento su degli uccelli per capire a che punto l'autofocus fosse in grado di inseguire gli oggetti e testare la massima velocità di raffica. La EOS R1 in questo contesto si è ben comportata, la sua velocità massima di scatto continuo è di 40 fotogrammi al secondo e mettendola alla prova con animali che si muovono velocemente la fotocamera è stata in grado di inseguire efficacemente il soggetto. Quando ha perso la corretta messa a fuoco, per esempio nelle virate improvvise, è anche riuscita in al massimo dopo 3 o 4 scatti a riagganciare correttamente il soggetto. Finita la sessione di scatti sono tornato a casa e la mattina sono andato a fare qualche fotografia su Ponte Sant'Angelo, dimenticandomi di cambiare le impostazioni dell'autofocus da animali a persone. Come probabilmente saprete sul ponte ci sono 10 statue di angeli della scuola di Bernini e inquadrandoli l'autofocus selezionava come punto di messa a fuoco le ali di marmo o un uccello che passava sullo sfondo invece del volto della statua. Una volta impostato il corretto soggetto da cercare la macchina fotografica ha iniziato a mettere a fuoco l'occhio della statua lasciando perdere tutto il resto. Un piccolo esempio, che però ci rivela a che punto gli algoritmi di Deep Learning usati da Canon siano efficaci.
Per sostenere queste prestazioni la EOS R1 è dovuta passare integralmente alle schede CFexpress di tipo B. Schede rapidissime e più costose delle più diffuse SD, ma necessarie per non risultare quello della memorizzazione degli scatti un collo da bottiglia che vada a castrare le prestazioni di un’ammiraglia.

Il doppio slot può accogliere due CFexpress tipo B, le schede di memoria ormai più diffuse per le mirrorless ad altissime prestazioni.
Per quanto riguarda l’Eye Control AF, l'efficacia e la velocità di risposta sono state aumentate rispetto a quanto visto in precedenza su EOS R3. Quando lo provai per la prima volta scrissi cosa ne pensavo e la mia idea di base non cambia. Funziona bene, è di certo un valido supporto per un certo tipo di fotografo, ma oggi che l'autofocus è diventato così intelligente e funzionale, che i mirini sono così ricchi di informazioni che l'occhio tende a ricercare in automatico, la possibilità di mettere a fuoco con lo sguardo non è il “game changer” che avrebbe potuto essere ai tempi delle reflex.

Una foto scattata a ISO 3200 all’interno della Galleria Alberto Sordi, Roma.
Il sensore da 24.2 megapixel è di tipo stacked e retroilluminato. Alcuni immaginavano un incremento di risoluzione rispetto alla EOS R3, che però non c'è stato. Penso che ci sia da fare però una considerazione riguardo questo, perché quando hanno iniziato a diffondersi rumors che indicavano come probabili prima 60 e poi 50 megapixel di risoluzione si capiva che questi erano valori insensati. Una fotocamera del genere lavora ormai principalmente con riviste online, sono pochissime le riviste cartacee ancora disponibili - e saranno sempre meno - e qualche libro o mostra, quindi le possibilità che siano necessari file per la stampa in grande formato sono pochissime. In più parlai anni fa con un fotografo ufficiale di MotoGP che mi disse che per ogni weekend di gara portava a casa mediamente tra i 12.000 e i 15.000 scatti, pensate cosa comporterebbe avere una tale massa di file da 50 o 60 megapixel! Probabilmente in futuro crescerà ancora la risoluzione dei sensori, il progresso è sempre andato in quella direzione, ma dovremmo chiederci se questo sia veramente utile oppure poco più di un vezzo utile più che altro per questioni di marketing.
Il sensore è di nuova generazione, completamente riprogettato per offrire un incremento di prestazioni e per incorporare il nuovo autofocus di cui vi ho parlato. In particolare è stato reso più veloce per ridurre al minimo il rolling-shutter.
Il sensore Digic X lo avevamo già conosciuto su altri corpi macchina precedenti, ma sulla EOS R1 è stato affiancato dal nuovo Digic Accelerator. I due processori sono diversi perché assolvono a funzioni diverse. Il Digic X ha un ruolo più tradizionale, passatemi il termine, mentre il Digic Accelerator è pensato specificamente per velocizzare tutto ciò che avviene subito dopo lo scatto. In questo modo si ottiene una perfetta divisione dei compiti tra i due sensori, che ha avuto come risultato quello di incrementare le prestazioni rispetto a un uso di due sensori uguali.
La EOS R1 ha poi portato all’interno della fotocamera alcune funzioni che sono generalmente associate ai software di postproduzione. In particolare è possibile utilizzare l’upscaling basato su rete neurale per ottenere un file con una risoluzione fino a 4 volte superiore dell’originale. Questa può essere una soluzione di compromesso per chi chiedeva una maggiore risoluzione, ma sinceramente non ho mai sentito l’esigenza di ottenere foto più grandi dei 24 megapixel concessi dal sensore.
In conclusione posso dire che quella con la EOS R1 è stata un’esperienza più che positiva, che non ha deluso le aspettative e che ha in qualche modo confermato che l’era delle reflex è definitivamente tramontata. Le prestazioni offerte dalla EOS R1 non sono nemmeno paragonabili a quelle della EOS 1D X Mark III, nonostante quest’ultima sia stata una macchina fotografica eccezionale quando è uscita. La tecnologia al servizio della fotografia ha fatto salti da gigante, siamo arrivati a un livello tale che ormai se si sbaglia uno scatto il problema non è più l’attrezzatura, ma il fotografo. Lavorare in ambienti difficili con al proprio servizio un gioiello tecnologico di questo calibro aiuta molto, anche se rimane sempre lo scoglio del prezzo, 7.749,99 euro quello di listino, che fa sì che la sua diffusione sia limitata al campo del professionismo, specialmente quello legato alle grandi agenzie.
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