Intervista ad Alberto Ghizzi Panizza
Aggiornamento: 28 set 2020
Benvenuto Alberto Ghizzi Panizza sulle pagine di Fotografiamo.net e grazie per aver accettato un’intervista sul nostro blog di fotografia.
Tu sei famoso principalmente, ma non solo, per le tue foto macro ad insetti. Una vera e propria passione la tua per la natura per così dire più “piccola”. Puoi dirci quale delle due passioni, la natura o la fotografia, ha fatto scattare l’altra?
Prima mi sono appassionato alla natura, pur abitando in città ho avuto la fortuna di ricevere in regalo dai miei genitori animali di tutti i tipi. Da qui è nata la passione per il disegno ed a seguire quella per la fotografia. Grazie anche alla possibilità di andare a fotografare la mattina presto prima di andare al lavoro in giro per i campi e per le colline del Po tra paesaggi e macro fotografia la passione per la foto è cresciuta nel tempo e a quel punto una passione ha iniziato ad alimentare l’altra e viceversa.
Pensi che una fotografia possa aiutare a sensibilizzare le persone verso le cause ambientali oppure credi che la cultura ambientale debba passare obbligatoriamente attraverso altri canali?
Sostanzialmente sì, penso che la fotografia sia uno dei mezzi migliori per farlo perché si tratta di un linguaggio universale che può capire chiunque, un linguaggio che oltrepassa il confine delle lingue. Ad esempio mi piace fotografare gli insetti in atteggiamenti che possono sembrare umani per permettere a chi è spaventato dagli insetti di approcciarsi in maniera differente al loro mondo. Ad esempio c’è gente che appena vede un ragno lo schiaccia, invece vedendoli in atteggiamenti più “umani” può iniziare a rispettarli.
Nel mondo della fotografia spesso le critiche sono all’ordine del giorno. Specialmente gli amatori o i “prof” per caso pensano sempre di dover dire la loro, anche quando devono ancora dimostrare qualcosa al mondo. Tu come vivi il rapporto con le critica?
Da quando sono entrato in questo mondo ci sono state sempre discussioni, ad esempio quando sono stato tra i primi ad utilizzare il digitale i veterani della pellicola mi dicevano: “Ah, ma non prenderà mai piede”, poi c’erano infinite discussioni anche semplicemente sul marchio utilizzato. Chi preferiva Nikon, chi Canon, chi Sony eccetera. Non si finiva più.
Anche nel valutare le immagini si innesca probabilmente un senso di competizione che spinge le persone a criticare. Ne ho subite tantissime, specialmente negli anni passati. Ora l’esperienza mi ha portato a documentare di più quel che faccio per esempio girando video di backstage e pubblicandoli. Questo è un modo per spegnere sul nascere eventuali critiche infondate.
Pensi che il fatto di essere più conosciuto ti abbia dato maggiore autorevolezza ed abbia contribuito a rasserenare l’ambiente?
In parte sì, ma non è detto perché comunque da una parte c’è quello che ha appena cominciato a fotografare ed al secondo giorno di corso inizia già a dire che una cosa è impossibile o artefatta, e quello lo puoi anche capire, dall’altra ci sono esperti che ti attaccano ed è preferibile intervenire pubblicando delle prove ancor prima che a qualcuno venga in mente di attaccarti.
Spesso viene contestato a chi fotografa insetti il fatto che gli insetti subiscano dei maltrattamenti per essere fotografati, ma ho visto dei tuoi video in cui si vede che gli animali sono liberi di muoversi nel loro ambiente. D’altra parte si sa che all’alba solitamente la natura si muove più lenta, cosa ci puoi dire su questo punto?
Sono stato criticato varie volte, ma da gente che probabilmente non ha mai fotografato insetti o che magari vanno a fotografare a mezzogiorno quando gli insetti sono più attivi e sarebbe impossibile per chiunque portare a casa una fotografia del genere. Si sente parlare nel web di famigerati spray congelanti o di fumi in grado di calmare gli insetti, ma non ho mai usato questi escamotage. Inoltre spesso le pose naturali vanno oltre quella che potrebbe essere la fantasia del fotografo.
Il rispetto per l’insetto ci deve essere sempre, ma ad esempio ho ricevuto una critica da un tedesco che mi ha chiesto di smetterla di fare foto ai ragni perché in quel modo li stressavo! Se il ragno si stressasse solo per il fatto di vedersi riflesso nell’obiettivo ne rimarrei sorpreso.
Ci si preoccupa di questo e poi magari due giorni dopo chi deve fare manutenzione degli argini passa con il trattore e trita tutto quel che c’è e nessuno si sconvolge per questo.
Io cerco di portare a casa l’immagine sempre nel rispetto sia dell’insetto, sia dell’ambiente, ma senza inutili esagerazioni.
Che poi al di là di tutto la vita del ragno in natura non è che sia agiata, forse è meglio il fotografo che lo stressa con un obiettivo a 10 centimetri di distanza che l’uccellino che se lo mangia.
Direi assolutamente di sì.
Tu fai ampio uso della tecnica Focus Stacking nelle tue fotografie per massimizzare la profondità di campo, ciò ti è anche costato la squalifica ad un noto concorso. Quali sono i limiti che secondo te si dovrebbe dare chi organizza i concorsi e quali le libertà che è giusto lasciare ai fotografi?
Tra l’altro si trattava di un concorso importante perché era quello organizzato da National Geographic Italia. Questa tecnica non si conosceva ancora molto ed alla fine anche se era risultata la foto vincitrice in assoluto hanno deciso di non premiarla solo perché era stata usata questa tecnica. Scoppiò poi un caso perché c’era chi mi difendeva e chi mi dava torto, però almeno si è fatta chiarezza sull’uso di questa tecnica ed oggi generalmente è permessa nei concorsi.
Chi fa fotografia con i microscopi per esempio non potrebbe fare fotografie in altro modo perché la profondità di campo con quegli strumenti è così piccola che non si riuscirebbe in alcun modo a far vedere il soggetto con una foto singola, c’è la necessità di passare per un processo di postproduzione con più foto scattate a differenti piani focali.
È possibile dire che gli organizzatori siano spesso un passo indietro rispetto ai fotografi? Quando si comincia ad accettare una tecnica ce ne sono già altre nuove delle quali si discute.
Alla fine la tecnologia cambia e si va verso una fotografia sempre più computazionale. Utilizzare più scatti per ottenere un risultato è la normalità ad esempio anche nell’astrofotografia. Quindi penso che anche chi organizza i concorsi debba forzatamente aggiornarsi. Il Focus Stacking oggi le fotocamere lo fanno in automatico, sarebbe assurdo non considerare questa possibilità.
Quando mi fanno fare il giudice in alcuni concorsi ad esempio sono a disagio se una foto viene scartata perché ritenuta falsa senza avere prima visto il file RAW, per analizzarlo e capire meglio. Questo per dire che non è semplice nemmeno per le giurie valutare.
Lavorando spesso con gli insetti quanto è importante per te la preparazione dello scatto? Preferisci improvvisare o cercare di preparare lo scatto facendo delle ricognizioni nei giorni precedenti?
Generalmente improvviso perché di giorno in giorno la natura cambia e non so mai cosa troverò al momento dello scatto. Posso trovare centinaia di farfalle un giorno ed il giorno dopo nello stesso posto può non essercene neanche una. Magari ho delle idee in testa che mi sono riuscite anni dopo, come ad esempio la Damigella con delle gocce in testa ed il fiore che si riflette al suo interno. Una foto frutto di anni di tentativi.
Per quanto riguarda la gestione della luce che attrezzatura utilizzi?
Al 90% luce naturale, a volte pannelli riflettenti. Se serve molta luce mi piace usare specchi per avere la stessa tonalità di luce. Uso dei led a volte, ma più fonti di luce inserisci e più le difficoltà aumentano. Di notte uso invece spesso pannelli led con temperatura bilanciabile che per la fotografia notturna sono indispensabili.
Usi delle attrezzature particolari per i tuoi scatti?
Parlando di fotografia macro le attrezzature specifiche sono molte. Dai clamp per stabilizzare un fiore alle slitte micrometriche. Soffietti, lenti addizionali, tubi di prolunga, gli accessori sono tanti.
In base alle condizioni si utilizzano le attrezzature che meglio si prestano a scattare una determinata fotografia.
Hai anche una bella collaborazione con ESO, puoi spiegarci qualcosa in più?
ESO è l’organizzazione europea per lo studio astronomico dell’emisfero australe. Si trova in Cile e ho avuto la fortuna di divenire loro foto ambassador. Vado regolarmente a fotografare le loro attrezzature già costruite o in costruzione per documentarne i progressi.
Fotografare la volta celeste è per te un diversivo rispetto alla macrofotografia o pensi che si tratti di due facce della stessa medaglia?
Ci sono dei tratti in comune, ad esempio in macrofotografia più un oggetto è piccolo e maggiori sono le difficoltà nel fotografarlo; nella fotografia astronomica più un soggetto è lontano e più è difficile da fotografare.
In una pubblicazione di ESO hanno utilizzato una foto dei miei insetti perché hanno trovato delle analogie tra gli occhi delle damigelle e la lente di un telescopio chiamato EELT (European Extreme Large Telescope) che sarà talmente da grande da non poter essere realizzato in un pezzo unico, ma sarà composto da tanti esagoni come l’occhio di un insetto.
Mi capita spesso di parlare con ragazzi giovani appassionati di fotografia e dico sempre loro che la cosa più importante è che la fotografia, anche quando si ha la fortuna di farla diventare un lavoro, rimanga la prima passione. Insomma la gioia nel fotografare deve venire prima di ogni altro aspetto. Ti ritrovi in queste parole? Tu ti diverti ancora dopo tanti anni nel fare le fotografie che scatti?
Per me è fondamentale, faccio fotografia perché per me è stato inizialmente un hobby da abbinare al mio lavoro principale, poi mi piaceva così tanto che ho deciso di farlo diventare un lavoro. Oggi è il mio solo lavoro e se uno ama il proprio lavoro lo farà sicuramente bene.
Come vedi da professionista lo stato di salute della fotografia in Italia?
I guadagni con la fotografia in Italia non sono facili da portare a casa se non si vuole lavorare solo su commissione. Anche le riviste in Italia sono sempre meno e pagano sempre meno in questo campo, il discorso è diverso invece se si parla di fotografia di moda o di pubblicità.
All’estero la fotografia è più facile che il lavoro fatto bene venga riconosciuto come tale e valorizzato.
A me comunque piace stare in Italia e grazie ad internet posso comunque lavorare con l’estero senza uscire dal confine o spostandomi solo per il tempo necessario per fare un certo lavoro e poi tornare qui.
Un giovane che volesse provare a vivere di fotografia da dove dovrebbe cominciare secondo te?
Ci vogliono anni e tanta passione, il metodo per sfondare velocemente non penso ci sia. L’elemento fondamentale è trovare qualcosa che ti renda originale e faccia parlare di te.
A noi piace parlare non solo di fotografi, ma anche di fotografie: c’è una fotografia dietro la quale c’è una storia particolare, alla quale sei particolarmente affezionato per un motivo o per la quale hai semplicemente qualche aneddoto simpatico che ci vuoi raccontare?
Ce ne sono un paio. Una è quella fotografata ad un orso polare che sembra in atteggiamento di preghiera con le mani giunte. Sul momento sembrava si fregasse le mani perché finalmente aveva trovato in me un possibile pranzo, poi rivedendola a casa con più calma l’ho intitolata: “Pregando per un futuro” e ha avuto molto successo.
Un’altra immagine è quella delle damigelle che sembrano tenersi per mano. Le agenzie mi hanno chiamato per chiedermi la foto dei due insetti che si amano, ma in realtà i due insetti stavano litigando. Bloccando l’istante con la fotografia la percezione di un determinato istante è diversa dalla realtà. Questo dimostra anche come nonostante abbia girato per il mondo, alla fine le foto che mi hanno dato la fama spesso sono fatte sotto casa o quasi.
Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato. Vuoi indicare a chi non conosce le tue fotografie i modi per rimanere sempre aggiornati sui tuoi lavori fotografici?
Grazie a voi, sono molto attivo sulla mia pagina facebook Alberto Ghizzi Panizza – Passione fotografica, poi mi potete trovare anche sugli altri social o sul mio sito http://www.albertoghizzipanizza.com
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