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E' stata scattata la fotografia più importante per la nostra generazione! E sì, anche Albert Ein


Lo spazio mi ha sempre affascinato ed alla notizia della prima foto "reale" di un buco nero, parlando con gli altri collaboratori di questo blog, abbiamo convenuto che siamo difronte alla "più importante fotografia della nostra generazione"; come fu lo sbarco sulla luna per quella precedente, e questo per diversi motivi.


Prima di tutto perché è la conferma a delle teorie che ad oggi erano puramente matematica, ed espresse nella Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein, che andò a sostituire la teoria di Newton nella descrizione della gravità, la forza più importante che governa il nostro universo sia a livello strutturale che evolutivo.


La definizione data da Einstein sui buchi neri parla di una regione spazio-tempo che ha un campo gravitazionale così intenso che nulla può sfuggire dal suo interno. La cosa sorprendente è che la fotografia "scattata" risulta corrispondere alla descrizione fatta dallo stesso Einstein su come si presentasse un buco nero, in quanto questi corpi influenzano in modo estremo l'ambiente che li circonda, deformando lo spaziotempo, surriscaldando qualsiasi materia li circondi, creando un plasma incandescente che viene in parte inghiottito scomparendo "nel" cosiddetto orizzonte degli eventi"(cioè la superficie limite oltre la quale nessun evento può influenzare più un osservatore esterno), mentre una parte dello stesso materiale viene espulso sotto forma di jet di materia a velocità relativistica (cioè prossima alla velocità della luce), dando vita alla cosiddetta emissione di "sincrotrone", cioè l’insieme di onde elettromagnetiche prodotte negli acceleratori circolari da particelle con velocità relativistiche.


Ora, secondo Einstein, se questo corpo viene immerso in una regione luminosa, come per l'appunto un disco di gas incandescente, questo dovrebbe creare una sorta di ombra causata dalla distorsione o curvatura gravitazionale e dalla cattura della luce da parte dell'orizzonte degli eventi. Questo permette di poter osservare qualcosa che in realtà è inimmaginabilmente oscuro.


Infatti l'ombra del buco nero , cioè quello che in realtà si osserva nella foto, è ciò che si possa ottenere di più vicino ad una immagine del buco nero stesso, un oggetto completamente oscuro da cui la luce non può sfuggire. Il confine del buco nero è delimitato dall'orizzonte degli eventi, (da cui prende il nome L'EHT Event Horizon Telescope) e quindi in realtà la sua dimensione reale è di 2,5 volte inferiore all'ombra proiettata che misura poco meno di 40 miliardi di km.


Quindi che cosa stiamo osservando in realtà? Stiamo osservando l'ombra di un buco nero al centro di Messier 87, una massiccia galassia nel vicino ammasso di galassie della Vergine. Questo buco nero si trova a 55 milioni di anni luce dalla Terra e ha una massa 6,5 ​​miliardi di volte quella del Sole.


Ma come è stato possibile fotografare qualcosa che si trova a 55 milioni di anni luce dalla Terra e che solamente una generazione fa era ritenuta una cosa impossibile? Semplicemente, e si fa per dire, lavorando in sinergia tra i migliori osservatori radio del mondo ed utilizzando innovativi algoritmi. Infatti il progetto EHT ha utilizzato una tecnica chiamata interferometria di base molto lunga (VLBI) che sincronizza le strutture del telescopio in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per formare un enorme telescopio terrestre che osserva ad una lunghezza d'onda di 1,3 mm. Una cosa pazzesca che consente di raggiungere una risoluzione angolare di "20 micro-secondi d'arco", abbastanza per leggere un giornale a New York da un caffè sul marciapiede a Parigi.



Ma come è stato possibile se i telescopi non sono collegati fisicamente insieme farli lavorare in modo da ottenere i dati che sono stati poi sovrapposti? Ma soprattutto che cosa contengono questi dati?


Tutti i telescopi che hanno partecipato a questo esperimento sono in grado di sincronizzare i loro dati registrati con orologi atomici (maser all'idrogeno) che segnano esattamente le loro osservazioni. Ognuno di questi telescopi ha prodotto una quantità di dati grezzi nell'ordine dei 350 terabyte al giorno archiviati in HDD detti "high-performance helium-filled", quindi Petabyte di dati sono poi stati elaborati da diversi super computer per combinarne i dati. Cosa contenevano questi dati? Semplicemente la luce emanata dal bagliore intorno al buco nero percepita dai telescopi sparsi sul pianeta. Il processo tramite il quale i super computer hanno elaborato i dati si chiama Imaging, ma ha un grosso difetto: a causa dell'enorme mole di dati accumulati le informazioni sono parziali. La luce che raccogliamo ci dà qualche indicazione sulla struttura del buco nero. Tuttavia, dal momento che stiamo raccogliendo solo la luce in alcune posizioni di telescopi, mancano ancora alcune informazioni sull'immagine del buco nero. Gli algoritmi di Imaging che hanno sviluppato hanno colmano le lacune dei dati mancanti per ricostruire un'immagine del buco nero.

Rimane il problema di come sia possibile colmare i vuoti dei dati, gli scienziati dell'ETH lo spiegano in questo modo:


Quindi l'altro motivo per cui questa è una delle più importanti fotografie della nostra generazione è perché è opera della "fotografia computazionale", cioè la possibilità e la capacità tramite software adatti a lavorare su diversi piani di profondità per elaborare la migliore immagine possibile.


E questa tecnologia utilizzata in questo modo cosi avanzato è oggi alla portata di tutti, presente sia negli smartphone che in alcune fotocamere che già la utilizzano per fare dei processi di elaborazione predefiniti.


Chiudo questo post con un video che spiega in modo molto semplice come è stato costruito tutto il processo che ha portato alla costituzione degli algoritmi utilizzati per la realizzazione dell'immagine che sta facendo il giro del mondo. La più incredibile delle immagini della nostra generazione.


La scienziata nel video è stata anche la prima persona in assoluto a visualizzare l'immagine!

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