Beyond Borders. Uno sguardo sul Corno d’Africa, tra salute e diritto alla cura

Cucine Popolari Battindarno, Bologna, dal 5 dicembre 2025 al 16 gennaio 2026

A Bologna, tra tavoli imbanditi e piatti fumanti, arriva una mostra che non ha nessuna voglia di restare appesa in modo neutro sulle pareti. “Beyond Borders” porta nelle Cucine Popolari le fotografie di Giulio Di Meo dedicate al Corno d’Africa, con un focus preciso: il diritto alla salute e l’accesso alle cure nei contesti più fragili.

La scelta dello spazio non è casuale: qui si cucina ogni giorno per chi fa fatica ad arrivare a fine mese. Mettere le immagini in questo luogo significa far dialogare due periferie – quella urbana bolognese e quella africana – senza troppi giri di parole. Gli scatti di Di Meo attraversano ambulatori di fortuna, ospedali periferici, villaggi raggiunti da progetti sanitari sostenuti da associazioni e ONG. Niente folklore, niente estetica della miseria: lo sguardo è diretto, rispettoso, quasi “asciugato” di effetti speciali.

Dal punto di vista fotografico, la cosa interessante è il modo in cui la luce viene usata per raccontare la dignità delle persone prima dei problemi che le circondano. In un ritratto, il volto di un’infermiera illuminato dalla finestra basta da solo a far capire tutto: stanchezza, determinazione, fragilità, responsabilità. In un altro, una sala d’attesa minuscola, con sedie di plastica e pareti scrostate, diventa la misura concreta di cosa significhi “diritto alla cura” quando le risorse sono poche.

La mostra è organizzata insieme a realtà che lavorano sul campo – tra cui associazioni bolognesi attive nel sostegno a progetti sanitari nel Corno d’Africa – e durante il periodo di apertura sono previsti incontri pubblici, presentazioni di libri e serate in cui le immagini diventano punto di partenza per discutere, più che per commuoversi un’ora e poi tornare alla routine.

Per chi fotografa, “Beyond Borders” è un promemoria salutare: raccontare il mondo non vuol dire collezionare drammi in portfolio, ma prendersi la responsabilità di come guardiamo e di cosa scegliamo di mostrare. Qui la fotografia non è décor: è parte del discorso.