Fotografie dalla Luna… senza lasciare la Terra
- Alessandro Fabiani
- 21 giu
- Tempo di lettura: 3 min

Fuori Colonia, tra capannoni industriali e silenzi tipici delle periferie tedesche, c’è un edificio che non compare su molte mappe. Al suo interno non troverai uffici, né macchinari in produzione. C’è invece qualcosa di molto più evocativo: una porzione di Luna. O meglio, un simulacro estremamente accurato della sua superficie, un paesaggio lunare ricreato con cura maniacale per preparare l’uomo alla prossima grande traversata spaziale.
Si chiama LUNA Analog Facility, ed è una delle strutture più all’avanguardia d’Europa. Nata dalla collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), questa camera lunare simula non solo la regolite sotto gli stivali, ma anche la luce, le ombre, la polvere, le complicazioni ambientali. Qui, gli astronauti si allenano anche a una delle attività più umane e più universali: scattare fotografie.
E non foto qualsiasi. Perché tra poco, molto poco, l’essere umano tornerà a camminare sulla Luna, e lo farà con strumenti d’immagine ben diversi da quelli delle missioni Apollo. Il programma Artemis della NASA porterà nuove fotocamere, nuovi standard, nuove esigenze. Ma anche nuove sfide.
Anche se oggi possiamo inviare video in 4K da un drone sopra il deserto australiano con un clic, la Luna gioca con regole tutte sue. Le comunicazioni laggiù devono attraversare 384.400 km di vuoto interplanetario, con un ritardo di circa 1,3 secondi e larghezza di banda ridotta. Come se non bastasse, ci sono problemi ben più terreni: la luce lunare è spietata, priva di atmosfera che ammorbidisca i contrasti, e la polvere lunare, tanto fine quanto abrasiva, può aderire a ogni superficie come un mantello invisibile, distorcendo ottiche e sensori.

Per questo, alla LUNA Analog Facility si sperimenta tutto: dall’uscita simulata da un modulo di atterraggio, fino al più semplice dei gesti contemporanei: un selfie lunare. Ma anche in questo, nulla è lasciato al caso. I tecnici chiamano alcuni test “encoder killer”, riprese ad alto movimento pensate per mettere in crisi i sistemi di compressione video, simulando i momenti più dinamici di un’esplorazione spaziale.
Durante una recente simulazione, tre astronauti si sono mossi sul suolo artificiale della struttura tedesca. Due raccoglievano campioni. Il terzo, macchina fotografica alla mano, cercava l’inquadratura perfetta sotto le luci artificiali che mimano il sole. Non era una finzione cinematografica, ma un banco di prova per le fotocamere e per le tecniche di trasmissione che useremo davvero nel prossimo allunaggio.
La fotocamera, dopotutto, è l’occhio dell’umanità nel cosmo. E come ogni occhio, ha bisogno di adattarsi. Melanie Cowan, esperta d’immagine dell’ESA, ha raccontato la sua prima esperienza nella camera lunare come un’esperienza “stimolante e surreale”. Lì, tra rocce artificiali e tute pressurizzate, ha sperimentato direttamente come anche l’ombra di un cratere può diventare un ostacolo ottico, o come la regolite simulata si aggrappi ai materiali, ingannando esposimetri e bilanci del bianco.

A complicare ulteriormente il tutto, ci sono le limitazioni tecniche nella trasmissione video. Sulla Terra, i nostri smartphone si appoggiano a una ragnatela invisibile di ripetitori, fibre ottiche e satelliti in orbita bassa. Ma sulla Luna serve qualcosa di più robusto, più efficiente, e capace di sopportare sbalzi di temperatura da -170 a +120 gradi Celsius. Le antenne delle missioni Apollo trasmettevano a soli 20 watt, e per ricevere quei segnali serviva la Deep Space Network, un vero e proprio telescopio delle telecomunicazioni.
Oggi le cose stanno cambiando. Il programma Moonlight dell’ESA punta a costruire una costellazione di satelliti orbitanti attorno alla Luna, un sistema di comunicazione permanente che funzionerà come una via lattea digitale, permettendo videochiamate tra astronauti e Terra, trasmissioni live in alta definizione e forse, un giorno, persino dirette streaming dalla superficie lunare.
Nel frattempo, la NASA ha sviluppato un prototipo di fotocamera che potrebbe diventare il nuovo standard per i viaggi lunari: la Handheld Universal Lunar Camera, in sigla HULC. Pensata per resistere alle intemperie spaziali, leggera, modulare, è progettata per catturare la bellezza brulla del nostro satellite naturale come mai prima d’ora.

Comments