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Immagine del redattoreRodolfo Felici

Intervista a Sara Melotti, esploratrice del mondo ed una delle instagrammer più seguite di Italia


Sara Melotti

Benvenuta su Fotografiamo Sara. Con oltre 38.5mila follower sei una delle Instagrammer italiane più seguite. Ci puoi raccontare come è cominciata questa avventura e quando hai deciso di intraprenderla?


A dire il vero ho iniziato ad usare Instagram "seriamente" da Luglio 2016. Prima facevo la fotografa di moda. Poi ho iniziato a viaggiare per il mio progetto Quest for Beauty e ho costruito rapidamente un portfolio di foto di viaggio. Nel frattempo un paio di amici Instagrammer con qualche centinaio di migliaia di followers mi hanno insegnato i 'trucchi del mestiere' e durante i miei viaggi ho iniziato a scattare foto pensate appositamente per "funzionare" su instagram (ci sono delle dinamiche assurde al riguardo!). Ho iniziato a 'giocare il gioco dei numeri' e nel giro di pochi mesi sono riuscita a costruirmi un buon seguito di persone interessate alle mie foto, a quello che scrivo o ai miei viaggi.


Arte, fotografia, poesia e vita sembrano strettamente intrecciate nella tua ricerca. Come è nato il tuo progetto “Quest for Beauty”?


Oh si, e' tutto uno! Penso che la mia sia una ricerca verso la verita'. Io non sento di inseguire una carriera; non ho una carriera, ho una vita, e voglio viverla come se fosse un’opera d'arte, creando poesia con quello che faccio e rimanendo fedele a chi sono, seguendo sempre il mio istinto.

Quest for Beauty e' nato da una mia crisi di coscienza. Facevo la fotografa di moda da circa 3 anni; un giorno ho realizzato che il mio lavoro contribuiva a far star male molte donne, creando standard di bellezza irreali che ci fanno sentire uno schifo (e in più contribuiscono anche a creare disuguaglianza tra i generi, ma questo e' un discorso a parte). Sentivo costantemente le mie amiche dire cose orribili sul proprio corpo e sulla propria apparenza, persino io - che sapevo bene cosa si nascondeva dietro queste immagini perfette - guardandomi allo specchio a volte pensavo "I wish I could photoshop my face". Non volevo più far parte di quella macchina assassina di autostima. Volevo far star bene la gente col mio lavoro e desideravo capire cosa fosse davvero la bellezza, perché dentro di me sapevo benissimo che non era lo standard univoco impostoci dai media! Ho mollato tutto e ho iniziato a lavorare a Quest for Beauty, investendo tutti i miei risparmi. Ho iniziato a viaggiare e fotografare donne di tutti i giorni chiedendo loro cosa sia la bellezza, cosa rende una donna bella o non bella, e così via, intraprendendo una vera e propria ricerca sul concetto di bellezza, nel tentativo di riscoprirlo e ridefinirlo.


Il tuo articolo “Instagram Created a Monster” pubblicato su Petapixel è stato un coraggiosissimo atto di denuncia verso un sistema corrotto e compulsivo di acquisizione dei follower, che ricorda il futuro descritto nell’episodio “Caduta Libera” della serie Black Mirror. Cosa è cambiato per te da quando lo hai scritto?


Ho guardato quell'episodio poche settimane fa per la prima volta e mi ha gelato il sangue constatare quanto sia tragicamente vicino alla realtà di oggi. Ci sono delle dinamiche molto simili e dei giochi di numeri assurdi nel mondo di Instagram (e probabilmente in tutti gli altri social). La cosa più assurda è quante persone oggi si diano valore basandosi su quei numeri.

Ho scritto l'articolo perché stavo male. Ho realizzato che stavamo arrivando a livelli imbarazzanti, per correre dietro a likes e followers stiamo andando verso la disumanizzazione. E’ tutto finto! Sinceramente mi aspettavo che lo leggessero un centinaio dei mieifollowers (odio chiamarli followers perché ci mette su due piani diversi, quando siamo tutti uguali. Chiamiamoli 'persone che seguono i miei lavori’). Invece nel giro di 48 ore, migliaia di persone l'avevano condiviso. Vanity Fair mi ha intervistato per primo a pochi giorni dalla pubblicazione dell’articolo, poi nel mese e mezzo seguente e' successo di tutto, mi hanno intervistata il Daily Mail, il New York Times, Il New Statesmen, Business Insider e altri. Poi le testate italiane hanno tradotto male gli articoli americani senza chiedermi niente direttamente (tranne Manuela Stacca che mi ha intervistato per Young.it), Studio Aperto ha persino fatto un servizio intero su di me senza dirmi nulla e dando informazioni completamente errate (pensa che sono venuta a saperlo da alcuni ragazzi che mi seguono, che mi hanno mandato i video). Poi, oltre ai tanti commenti di haters sui social delle testate, tutte variazioni sul tema del concetto "devi andare a zappare la terra”, ho ricevuto migliaia di messaggi ed e-mail da gente che mi ringraziava per avergli ridato fiducia in se stessi, per avergli fatto capire che non c'era niente di sbagliato in loro ma che e' tutto parte di un sistema ingiusto senza anima. L'articolo e' stato condiviso quasi 100mila volte! Non e' cambiato molto rispetto a prima che scrivessi l'articolo, ma mi sento decisamente più leggera. Ho qualche migliaio di persone che mi seguono in più; adesso ho una voce, e qualcuno qua e là sta ascoltando quello che ho da dire; ho la consapevolezza che molte persone si sentono meglio grazie a quello che ho scritto, il che per me e' una grandissima vittoria!


Dal tuo profilo sembrerebbe che tu conduca una vita sempre in viaggio. Qual’è il posto che ami chiamare casa?


Fino a dicembre dell'anno scorso era New York City. Poi ho capito che se volevo davvero seguire il mio cuore (ovvero andare in cerca di questa verità di cui ti parlavo prima, e continuare il mio progetto) dovevo andarmene e viaggiare a tempo pieno. Cosi alla vigilia di Natale dell'anno scorso ho lasciato il mio appartamento, la vita che mi ero costruita in questa città che ho amato tanto, ho donato quasi tutto quello che avevo ai senzatetto dell'East Village e sono partita per vivere “on the road". Adesso non ho fissa dimora, mi sposto da paese a paese, non c'è un posto che sia casa per me ora e non so dove quel posto sarà. Ripasso dall'Italia spesso per lavori vari ma non so se riuscirò mai a chiamare casa l’Italia (sono via quasi 9 anni e quando vivevo lì mi sentivo costantemente stretta e sminuita). Per me casa è sempre stata qualcosa da cercare dentro di me, nella mia creatività, in ciò che creo.


Molte delle foto sul tuo profilo sono scattate con una Canon 1DX, ma Instagram, dai suoi albori, rende difficoltoso l’upload da qualsiasi fotocamera che non sia uno smartphone. Ti trovi d’accordo con questa scelta? Pensi che abbia influito sul mondo della fotografia


A dire il vero sono tutte scattate con una 5d Mark II tranne l'ultima serie del Vietnam. La 1dx e' un aggiunta recente grazie a Canon Italia. No non penso che la modalità di upload abbia influito più di tanto sul mondo della fotografia. Per me non fa molta differenza, perché prima di postare una foto la passo sempre e comunque in Photoshop sopratutto per la correzione colori, che gli da il mio stile; poi salvo in bassa risoluzione e la carico su Dropbox, che e' sincronizzato ad un album sul mio Iphone, e via!


Sei il soggetto e l’autrice di molte delle tue foto, per cui immagino che tu abbia un coautore/coautrice che ti accompagna nei tuoi viaggi. In tal caso come pianificate lo scatto? Utilizzi un teppiede?


Viaggio quasi sempre da sola quindi ho due metodologie: se c'e' qualcuno nei paraggi (amici o sconosciuti che fermo per strada a caso) imposto tutto (settaggi, inquadratura, etc.) e dico di non toccare niente e di non muoversi ma schiacciare il bottone e basta una decina di volte (praticamente li uso come treppiedi umani! In fondo non basta solo schiacciare un bottone per potersi chiamare fotografo, la foto e' di chi la vede prima che esista, di chi la imposta e la postproduce dopo, tutti possono schiacciare un bottone, ma non tutti hanno la visione). Se invece sono completamente sola metto la camera sul treppiede, imposto il timer a 10 secondi e corro!(Su YouTube c’è un video, “How to take Instagram pictures (solo)”, dove mostro esattamente come lavoro).



L’arte a volte si nutre dei limiti: per te l’uso del formato quadrato rappresenta un limite o una potenzialità? Quando non scatti in funzione della pubblicazione su Instagram utilizzi il formato quadrato?


E’ stato sicuramente un limite! Adesso per fortuna si possono usare anche il formato verticale e orizzontale (tuttavia il formato orizzontale non funziona bene su Instagram perché la foto si vede piccola, e questo porta la gente a non mettere il like… dinamiche assurde anche qui, ma è questione di psicologia!). io uso più frequentemente il formato verticale, e raramente quello quadrato.

Quando non scatto in funzione della pubblicazione su Instagram non scatto mai nel formato quadrato


Tutta la tua opera “Quest for Beauty”, oltre ad essere un inno alla vita, sembra permeata da una sottile malinconia, e da quello che in pittura veniva definita l’estetica del sublime. Pensi che questa componente sia essenziale nella poesia, nell’arte, nella vita?


Un pochino si, un velo di malinconia porta a riflettere e ad apprezzare un po di più la vita secondo me. Tuttavia è sufficiente che oltre alla malinconia ci sia anche un lato felice, che ispiri e dia speranza, perché altrimenti ci si deprime!


Quali sono per te gli aspetti positivi di Instagram? Ha cambiato il mondo della fotografia?


Gli aspetti più positivi, secondo me, sono la community che si viene a creare (ho incontrato un sacco di persone stupende grazie a instagram) e l'avere la possibilità mostrare ciò che fai gratis (più o meno).

Instagram ha cambiato il mondo della fotografia secondo me a livello di valore. Ora il mercato e' più saturo che mai, su instagram - almeno per quanto riguarda la mia nicchia - tutti si copiano, c'e' una mancanza di originalità palese, tutti fanno le stesse foto negli stessi posti dalla stessa angolazione… che noia! Poi purtroppo ci sono tantissimi "wanna be" schiavi dei numeri e dell'ideale della "insta-fame" che lavorano gratis con la promessa della notorietà, o in cambio di qualche misero prodotto e cosi facendo stanno rovinando il mercato a tutti i professionisti, svalutando il valore del nostro lavoro.


Come immagini sarà il mondo della fotografia, e la tua vita, da qui a dieci anni?


Per quanto riguarda il mondo della fotografia non ne ho idea, tutto sta cambiando molto rapidamente, é tutto saturo, i metodi di distribuzione cambiano alla velocità della luce ormai, i "gate keepers" hanno sempre meno potere e ci sono sempre meno regole, il che è un bene dal lato perché sempre più persone hanno la possibilità di fare ciò che li rende felici e di essere visti.

Mi e' difficile prevedere cosa farò tra due settimane, non oso immaginare tra dieci anni! Sicuramente ci sono dei libri nel mio futuro, sto scrivendo il primo adesso, si chiama "Fuck You, I'm an artist - An anthem to dreams and non conformity"e una volta finito Quest for Beauty (spero entro la fine del 2018) raccoglierò tutte le immagini, le interviste, e la mia tesi su quanto ho imparato dalle mia ricerca, in un photo-book. Poi voglio continuare a viaggiare il più possibile, mi piacerebbe dirigere un paio di documentari, fare più video e in un mondo perfetto avere un mio show sul viaggio, ma il viaggio vero! La fotografia farà sempre parte di me ma spero di espandere quello che faccio anche ad altri media, dove poter raccontare le mie storie in maniera più approfondita.


Sara Melotti