top of page

Fotografiamo perché viaggiamo o viaggiamo perché (ci) fotografiamo?


Qualche tempo fa stavo leggendo un bell’articolo su un quotidiano nel quale una guida turistica di Roma spiegava i differenti tipi di approccio dei turisti ad una città meravigliosa quanto complicata da capire come poche altre al mondo quale è, per l’appunto, Roma. Una capitale occidentale protagonista con alterne fortune della storia e dell’arte mondiale per quasi 3000 anni, qualcosa che al mondo non ha eguali.


Sarebbe scontato soffermarsi sulle parole di questo professionista del turismo riguardo l’ignoranza degli americani che non comprendono l’importanza di tutti quei "sassi" buttati al centro della città o sul fatto che gli australiani non riescano a comprendere come possano esserci quasi 28 secoli di storia quando il loro paese ne ha solo un paio; in realtà il dato che mi ha portato a fare una riflessione è quello sugli asiatici: alcuni sono sicuramente viaggiatori informati ed interessati a quel che visitano, ma molti altri in realtà vengono in Europa solo perché il benessere economico degli ultimi anni ha permesso loro di muoversi dalla propria nazione ed il fatto di essere stati in Europa è un modo per esibire il proprio stato sociale. Secondo questa guida molti di loro non conoscono minimamente l’importanza del Colosseo, della Basilica di S. Pietro e delle altre bellezze della città eterna, ma hanno l’immane desiderio di farcisi un selfie davanti e di condividere la foto scattata sui social. Inizialmente ho pensato che questa fosse solamente l’ennesima stranezza proveniente dall’Oriente, invece pensandoci bene mi sono reso conto di come ormai anche tantissimi occidentali facciano esattamente la stessa cosa: queste persone non condividono foto dei posti che vedono, ma foto che dimostrano che in quei posti ci sono stati. Può sembrare una sottigliezza, invece non lo è: chi fa fotografia, soprattutto se la fa per professione, si sposta anche di migliaia di chilometri per scattare le proprie foto, ma generalmente si informa su quel che vuole fotografare e comprende cosa sta fotografando. Nell'epoca di Instagram e del selfie selvaggio invece per molti il viaggio diviene semplicemente un modo per dimostrare di essersi potuti permettere di visitare un luogo e per non sentirsi da meno degli altri. Il caso limite si ha quando si vedono tonnellate di selfie di persone che hanno viaggiato sopra un oceano solo per rinchiudersi in un villaggio turistico con la triste speranza di fare invidia a qualcuno.



Quando viaggio personalmente lo faccio sempre dopo essermi informato, aver visto su internet quali sono i posti più interessanti ed aver capito perché meritano di essere visti. Sono curioso di conoscere la storia del posto e cerco sempre di mischiarmi con i suoi abitanti mangiando possibilmente nei locali fuori dalle zone turistiche per diventare un tutt'uno con la cultura locale. Se capita di fare conoscenza con qualcuno ci parlo per scoprire qualcosa di più del luogo che sto visitando. La fotografia sembra quasi una cosa marginale rispetto ad altri aspetti in molte occasioni nelle quali mi sono trovato.


Quindi dovremmo iniziare a chiederci se viaggiamo per la voglia di conoscere il mondo, per conoscere altre modi di vivere e arricchirci di cultura ed esperienze, oppure se in realtà stiamo semplicemente viaggiando perché le linee low cost ce lo permettono ed i social network ce lo “impongono”, perché in tal caso risulta meno costoso fare un corso di Photoshop che ci insegni a mettere la nostra fotografia davanti ai monumenti più importanti del pianeta, tanto il risultato sarà lo stesso.


bottom of page