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Intervista a Lina Bessonova

Aggiornamento: 15 nov 2023

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Benvenuta su Fotografiamo Lina. Potrei chiederti di raccontarci la tua storia? Come ti sei avvicinata al mondo della fotografia analogica?


E’ stato un incontro del tutto casuale. Mi sono iscritta ad un corso di fotografia all’università, e uscì fuori che si trattava di un corso di fotografia analogica. Per me fu sorprendente scoprire che le persone utilizzavano ancora la pellicola! Mi innamorai del processo di sviluppo e stampa. Era difficile ed impegnativo, e questo era esattamente ciò che non riuscivo a trovare nel digitale.



Che cosa ritieni che sia importante fotografare, e che valore ha la fotografia per te? E’ un modo per comunicare, per ricordare, per documentare, una forma espressiva fluida che prende la forma del suo contenitore o che altro?


È un modo per capire me stessa, per riversare emozioni di ogni genere in forma visiva. Spesso non so neppure perché sono legata ad una certa scena. Solo quando comincio a stamparla capisco cosa mi ha stimolato e cosa volevo esprimere. Tutto il mio lavoro non commerciale è estremamente personale, autobiografico, metaforico, e mai casuale. Non penso che ci sia nessuno che sappia completamente la storia che c’è dietro a ciascuna immagine.

Nel lavoro commerciale o documentario ho scelto l’analogico semplicemente perché il digitale non fa parte di me, e non mi piace stare di fronte ad un laptop.


So che per te lo strumento utilizzato influenza il processo creativo. Mi trovo completamente d’accordo. Potresti spiegare meglio cosa accade?


Se utilizzi una penna costosa ed una bella carta, sarai più selettivo ed attento nel riversare i tuoi pensieri sulla carta. Se utilizzi una penna d’epoca che è appartenuta al tuo trisnonno, con la quale lui scriveva lettere d’amore alla tua trisnonna, l’esperienza d’uso ti porterà a livelli completamente diversi di espressività.

La storia degli strumenti analogici che utilizziamo, insieme al procedimento stesso, è straordinariamente potente nello sbloccare sensazioni ed abilità di cui non eravamo consapevoli.

Ciascun differente formato di pellicola ed obiettivo fotografico ci spinge a vedere e ad agire in maniera differente. Una fotocamera 35mm dotata di un obiettivo 120mm ci spingerà a scattare ad una certa distanza, di nascosto, a muoverci come un cacciatore alla ricerca di un ritratto rubato; con una biottica dotata di un normale 80mm tenderemo ad avvicinarci e ad interagire con il soggetto. Maneggiando strumenti differenti diventiamo persone differenti.



Che relazione ritieni che ci sia fra la fotografia analogica e quella digitale?


E’ molto simile alla relazione che c’è fra il disegno digitale e quello a mano libera. Entrambi possono essere fantastici, ed entrambi possono essere insipidi e fatti male. Lo strumento deve essere adatto al fotografo ed allo scopo. Ad esempio, scattare foto di eventi esclusivamente utilizzando la pellicola è semplicemente stupido. Qualcosa nello sviluppo può andare storto, e una manifestazione, un matrimonio o un compleanno non sono eventi che si possono ripetere. La fotografia digitale è estremamente importante per quel genere di ricordi che non vogliamo rischiare di perdere.

Ciò non vuol dire che non possa essere uno strumento artistico. Ciascuno di noi sicuramente ha visto immagini stupende scattate con un iPhone. La fotografia analogica introduce errori casuali e scoperte, incertezza, un approccio differente nel gestire la realtà. Si tratta di un’esperienza piuttosto che di uno strumento. Qualcosa che naturalmente produce immagini create con maggiore attenzione e consapevolezza.

Analogico e digitale sono grandiosi strumenti artistici e di lavoro, semplicemente differenti fra loro. Per me, l’analogico riguarda più il processo, ed il digitale è più orientato al risultato.


Quale fotocamera utilizzi maggiormente nella tua vita quotidiana, e di quale non potresti mai fare a meno?


Scatto con qualsiasi cosa abbia sotto mano, e spesso capita che si tratti della fotocamera della persona che è con me. In quel caso dobbiamo tagliare un paio di fotogrammi dalla sua pellicola :-)

Non sono assolutamente ossessionata dall’attrezzatura. Utilizzo ancora le mie prime due fotocamere: una Pratica MTL-50 con lenti sovietiche ed una Yashica-D. Se dovesse succedere qualcosa alla Yashica, mi prenderebbe un infarto. È la mia bimba preferita. Mi piace molto anche scattare nel formato 8x10. Ho una bella fotocamera Wista, ma sto pensando di sostituirla con qualcosa di più robusto.



Guardando la tua camera oscura è possibile percepire l’entusiasmo e la passione che c’è dietro il tuo lavoro. Non si tratta di un posto qualsiasi, è un vero e proprio strumento di lavoro con una propria estetica che fa venir voglia di produrre arte e buoni risultati. Ti ci è voluto molto tempo per realizzarla?


Ho lavorato con regolarità in tre camere oscure prima di crearmi la mia, poi ne ho allestite due con le mie mani ed un aiuto, e solo alla fine ho realizzato - da sola - la camera oscura che utilizzo attualmente a Firenze. Grazie per i complimenti! Anche io la adoro. La mia casa è in disordine, ma il mio laboratorio è sempre pulito e ben organizzato :-)

Mi ci sono voluti cinque mesi per portare quel posto in condizioni di essere utilizzato, e da allora non ho mai smesso di migliorarlo. Ora ci sono ingranditori migliori, scaffali, qualche dispositivo in più per il lavaggio, e ovviamente i lavori dei miei studenti alle pareti!


Il tuo account Instagram è seguito da più di sedicimila persone, ed il tuo canale YouTube ha più di diecimila iscritti. La fotografia analogica, di cui era stata annunciata la fine sui giornali anni fa, è probabilmente più viva che mai grazie ai social network. Paradossalmente, è l’editoria ad essere in crisi a causa dei social network, ed il mercato della fotografia digitale grazie all’avvento degli smartphone. Come immagini il futuro? Ci sarà spazio per ogni mezzo espressivo?


Immagino che il cattivo giornalismo e le foto dei paparazzi finiranno per esistere solamente online. Spero anche che le riviste ed i libri che sono esempi di buona scrittura e di contenuti visivi di qualità continueranno ad essere oggetti desiderabili, con un maggiore prezzo di vendita ed un mercato più ristretto.

Tutto ciò che so è che gli esseri umani rimangono esseri umani. Noi tutti bramiamo la bellezza, cerchiamo connessioni con l’eternità attraverso l’arte, vogliamo riconoscerci nella poesia, nella musica, nella pittura e nella fotografia. Vogliamo essere trasportati e diventare migliori.

E se i libri, le riviste e le foto stampate possono fornirci tutto questo, non scompariranno mai dal mondo reale.


Firenze è una città che ha sempre mantenuto in vita ogni tipo di arte tradizionale, e dove è stata scritta la “Florence Declaration - Raccomandazioni per la preservazione degli archivi fotografici analogici” https://www.khi.fi.it/en/photothek/florence-declaration.php.

La fotografia analogica è viva e in buona salute nella città dove risiedi? Ci sono molte camere oscure, negozi di fotografia analogica o comunità di persone che si dedicano ad essa? E in Russia?


Oh, qui colpisci un punto dolente personale.

Storia recente: il comune di Firenze ha concesso ai Fratelli Alinari, il primo e più grande archivio del mondo, con migliaia di negativi su lastra, dagherrotipi, centinaia di migliaia di stampe storiche e fantastici libri d’epoca ed album fotografici, di lasciare il loro storico edificio e ricollocare gli archivi da qualche parte dove nessuno sarà mai neppure in grado di vederli. Sfortunatamente si tratta di una azienda privata, perciò la decisione del proprietario di vendere l’edificio storico (con una grande camera oscura, negativi su lastra conservati dal 1852, autentici pavimenti in legno e scale) e di guadagnare dalla vendita delle scansioni dei negativi non ha trovato opposizioni. Non so dove tutte le istituzioni culturali stessero guardando quando è successo questo disastro. Al posto di un archivio di rilevanza mondiale ci sarà un nuovo hotel. Ufficialmente gli archivi troveranno “una nuova collocazione”, ma alcune fonti affermano che saranno smembrati e venduti in lotti a differenti musei.

Questo è lo stato della fotografia analogica a Firenze nel 2020.

Non vivo in Russia da quando avevo 10 anni, perciò non so molto di come stiano andando le cose lì.

Con i folli dazi doganali i chimici sono veramente difficili da importare. Lotto sempre per trovare un buon rivelatore e fissaggio, perciò ho cominciato a portare con me i chimici in polvere nella mia valigia. So che ci sono alcuni notevoli fotografi che utilizzano il grande formato a Mosca e a San Pietroburgo. A San Pietroburgo c’è una meravigliosa galleria e camera oscura, ArtOfFoto, con attrezzature di livello altissimo e mostre di fotografia analogica.



[Qui sopra, foto dell'archivio Alinari]


Potresti raccontarci del tuo progetto “What we know nothing about”?


Amo molto la sociologia. E’ il mio secondo grande amore dopo la fotografia. Il mio autore preferito è Marshall McLuhan, autore della frase “ciò di cui il pesce non sa nulla è l’acqua”, citata e ri-citata un milione di volte. Perciò, noi siamo un po’ come quel pesce. Viviamo le nostre vite e cerchiamo di comprendere la logica degli eventi, di mettere insieme i pezzi, ma non riusciamo mai ad avere il quadro completo. Stavo scattando delle foto in un certo momento della mia vita, e queste mi parlavano per metafore. Ciascuna di esse aveva un significato. La scarpa di Cenerentola a Firenze (non si trattava di una foto preparata) era sul correre lontano e sul desiderio di essere trovata. La barca in cima alla collina a Capraia, con il mare in lontananza, aveva perso lo scopo della propria esistenza. Poteva solamente guardare quell’acqua e sognare di navigare ancora. Ma nessuno sa se questo accadrà. Il parco di divertimenti chiuso dietro al quale si staglia un grigio cielo svizzero mi parlava dell’infanzia e dell’età adulta. Una chiesa con “riservato” scritto sulla panca, come se esistessero dei fedeli VIP e se Dio non fosse per tutti. E un’altra chiesa abbandonata con un altare dove le persone ancora lasciano appunti e richiedono una grazia. Sono tutti pezzi di un puzzle.

Le nostre vite sono fatte di pezzi emozionali disposti a caso, e noi non abbiamo indizi di come vadano disposti. Io non so dove sta andando la mia vita. Per scoprirlo, devo continuare a fotografare.



Terrai dei corsi a Roma o a Firenze nel prossimo periodo? Dove potremmo mantenerci aggiornati sui tuoi corsi e workshop?


Nel 2020 ho deciso di concedermi una pausa dai workshop, e di dedicare tempo ad altre cose veramente eccitanti, sempre correlate alla fotografia analogica. Se parteciperò a qualche evento ne darò notizia come sempre su Instagram e sul mio sito nella sezione “eventi”, per cui rimanete sintonizzati ;-)








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