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Intervista a Rosario Patanè

Aggiornamento: 26 ago 2021



Benvenuto su Fotografiamo Rosario. Potresti raccontarci qualcosa sulla tua storia, sulla

tua formazione? Quali strade ti hanno portato a scoprire la fotografia?


Grazie mille per il benvenuto e per l'interesse nei miei confronti anzitutto.

La mia storia è molto ricca e varia fortunatamente, non mi sono mai annoiato un giorno in vita mia, nel mondo dell'arte mi sono avvicinato spontaneamente a 14 anni quando iniziai a studiare musica, nello specifico la chitarra elettrica e fui letteralmente folgorato dal mondo del Rock ma più avanti, dopo aver fatto una breve carriera militare, mi dedicai all'arte dell'ebanisteria, ovvero alla creazione di mobili d'arte, intarsio, scultura, tornitura, mestiere che ho avuto il piacere di fare per diversi anni e che ancora oggi mi appassiona tanto che a volte mi dedico a costruire gli oggetti più disparati anche e soprattutto in ambito fotografico e faccio anche dei restauri di antiche fotocamere. Mi avvicinai alla fotografia attraverso un'altra grande mia passione: la montagna e l'avventura. Si, attraverso la fotografia potevo raccontare e mostrare agli altri le mie avventure in solitaria sull'Etna. Feci dunque un corso europeo e ne conseguii un diploma come operatore di ripresa e montaggio proprio nel giorno in cui morì mio padre. Anche mio padre era un grande appassionato di fotografia ma non solo, era un regista teatrale, scriveva commedie e... si sa, non è facile far ridere la gente ma lui riusciva bene attraverso la sua enorme passione e per questo era anche molto amato da tutti, aveva tanto amore per la vita. Io ero e sono molto legato a mio padre, come ovviamente lo sono a mia madre che non finisce mai di credere nelle mie doti e che giorno dopo giorno mi aiuta come può e alla mia famiglia tutta ovviamente e sicuramente alla mia compagna Barbara che in primis mi aiuta davvero in ogni cosa. Nel giorno in cui morì mio padre io dovevo tenere l'esame che cambiò il corso della mia vita, della mia carriera fotografica. Lo salutai con un bacio in fronte e gli dissi che quando sarei tornato, in famiglia ci sarebbe finalmente stato un fotografo professionista e gli promisi che avrei fatto del mio meglio per diventare un buon fotografo. Mio padre spirò esattamente quando io finì l'esame.

Da allora non è stato il mio solo obiettivo principale di vita ma una vera e propria sfida contro me stesso, contro le mie stesse capacità.



Qual è per te l’essenza della fotografia?


La fotografia ha molteplici facce ed aspetti, non si può dire che oggi abbia una sola essenza. La fotografia nasce dall'idea di creare con la sola luce, un disegno perfetto o meglio, un “disegno fatto dalla matita della Natura” come lo stesso Talbot scrisse. E' quella l'essenza originaria certamente, l'essenza artistica. Con la sua evoluzione tuttavia, l'arte del “disegno fotogenico” o della “fotografia” si è ampliato ed oggi rispecchia un mondo vastissimo e saturo degli umori e delle necessità di chi la pratica. Oggi possiamo “raccontare una storia” per immagini fotografiche. Oggi possiamo “vendere un prodotto” attraverso la fotografia. Oggi possiamo raccontare parziali verità e menzogne belle e buone attraverso questo potentissimo strumento ma possiamo anche metterci in “bella o brutta” mostra. La fotografia è lo specchio della società, come lo è la musica, la pittura e qualsiasi altra arte. L'essenza che è in me, della fotografia è quella puramente artistica e cioè quella votata alla mia personale rappresentazione del mondo in cui vivo e che mi circonda. Certamente siamo di fronte a molteplici “essenze” ma ciò che accomuna e mette d'accordo un po' tutti è la “rappresentazione”. Ovvero attraverso la fotografia possiamo avere una data rappresentazione della realtà che possiamo certamente utilizzare per i più disparati scopi.




Quando hai cominciato ad avvicinarti alle antiche tecniche di stampa, e cosa hai visto in

quel tipo di ricerca?


Mi sono avvicinato alle tecniche antiche attraverso la stessa “essenza” della fotografia. Volevo approfondire la comprensione dell'arte del disegno fotogenico, volevo impersonarmi nel ruolo di “antico fotografo” di “pioniere” della fotografia per comprenderne fino in fondo la sua stessa essenza. Quando circa 7 anni fa presi definitivamente le distanze dalla fotografia digitale (cosa solamente temporanea perché il mio interesse verso la fotografia è generico ed universale) per dedicarmi alla fotografia analogica, iniziai un percorso che mi portò spontaneamente alla ricerca sulle antiche tecniche. Iniziai ad accostarmi alle tecniche antiche attraverso il mio mestiere di fotografo ambulante e successivamente anche attraverso l'altra mia faccia ovvero quella di sperimentatore. Cominciai dunque con gli studi sul Positivo Diretto di Hippolyte Bayard e solo più tardi, attraverso i miei studi e le mie sperimentazioni sulle emulsioni fotografiche, alla Calotipia. Ogni qualvolta io producessi una emulsione nuova e ne testassi le caratteristiche, mi accorgevo della straordinaria bellezza di quel negativo risultante che è anche esso stesso “opera finita”. Dunque iniziai dall'esaminare i brevetti originali depositati da William Henry Fox Talbot e cominciai a dedicarmi anche alla Calotipia ma anche ad altre tecniche come la stampa ai pigmenti, alla gomma, al carbone e a tantissime altre tecniche che conosco ma le mie preferite rimangono certamente la Calotipia ed il Positivo Diretto su carta. Ecco, avere la possibilità di ritornare indietro, all'essenza originaria della fotografia, ha fatto sì che io potessi trovare la mia vera “via” artistica, la mia vera “personalità” senza inquinamenti di alcun tipo.

Così sono stato Maestro di me stesso e ho insegnato a me stesso come trovare la mia personalità fotografica. Non solo dunque un'utilità ma anche un dovere di fotografo che mi ha permesso di progredire culturalmente, tecnicamente e scientificamente.



Potresti raccontare ai nostri lettori le peculiarità e la storia del calotipo, e cosa ti

affascina di questa tecnica?


Il Calotipo è l'evoluzione di un'idea nata ad opera di un folle visionario dal nome William Henry Fox Talbot sulle sponde del Lago di Como nel 1833-34. Con la sua Camera Ottica cercava disperatamente di ottenere una buona immagine disegnata su un foglio di carta e rifletté su quanto sarebbe stato bello che la stessa luce potesse imprimersi su quel foglio senza la mediazione delle mani del disegnatore. Pensò immediatamente anche a delle possibili soluzioni in quanto aveva letto delle proprietà fotosensibili del Nitrato di Argento in una pubblicazione fatta da due grandi chimici nella seconda metà del 1700. Tornato dunque in Inghilterra, a Lacock Abbey iniziò i suoi primi esperimenti con il nitrato. Nel 1835 nacque dunque la tecnica che fu battezzata dallo stesso Talbot “Draw Painting” o “Photogenic Drawing” che in italiano significa “disegno di luce” o “disegno fotogenico” e che consisteva nell'ottenimento di una immagine negativa di un oggetto posto su di un foglio di carta sensibilizzato con del Nitrato di Argento e del Cloruro di Sodio che insieme formano l'alogenuro d'argento del sale sodico. Per caso poi (la fortuna aiuta sempre gli audaci) scoprì le caratteristiche dell'Acido Gallico, una sostanza prodotta a partire dal mallo della noce e che ha proprietà ossidanti ovvero “amplifica” l'effetto della formazione dell'argento dopo una breve esposizione alla luce, rendendo così visibile un'immagine latente, presente sul foglio sensibilizzato sotto forma dei cosiddetti “Cluster attivi” ovvero delle particelle che sono state “attivate” dalla luce del sole ma che tuttavia non hanno avuto ancora la forza necessaria per formare l'argento libero. Fino a quel momento erano dunque le caratteristiche dell'argento fotolitico a poter formare un'immagine finita mentre con la scoperta dell'Acido Gallico si scoprirono le potenzialità dell'argento fotochimico e le conseguenti applicazioni in campo fotografico che permisero l'ottenimento di un'immagine negativa realizzata direttamente con una Camera Ottica con brevissimi tempi di esposizione. Difatti, fino a quel momento, le immagini ottenute da Talbot per mezzo delle sue “Trappole per topi” (nomignolo attribuito agli apparecchi ottici dalla moglie di Talbot, Constance) avevano tempi di esposizione di circa 10 minuti al sole. Ecco com'è nata la più bella delle arti figurative, la più bella ed affascinante perché “disegnata per mano della stessa Natura”. Dalla bellezza nasce questa tecnica che difatti fu dallo stesso Talbot battezzata col nome di Calotype che deriva dall'unione del termine greco “Kàlos” ovvero “bello” e dall'inglese “type” ovvero “stampa”.

Solo chi pratica questa tecnica può comprendere fino in fondo quanto sia meraviglioso il veder formare l'immagine argentica finita tra le fibre di un semplice foglio di carta. E' bellissimo. Nulla ha a che vedere con la normale “fotografia analogica moderna” è una vera alchimia, una vera delizia, una vera e potentissima droga. La Calotipia è certamente l'Arte suprema in fotografia.

Per questo motivo non posso fare altro che amarla in maniera esagerata. Perché va oltre la mera e semplice fotografia. La Calotipia è un'Arte meravigliosa.



Su cosa stai orientando la tua ricerca attuale?


Io non sono solo un fotografo, io sono anche uno sperimentatore e cioè mi occupo di ricerca ed innovazione a partire dalle basi, dall'origine stessa del concetto fotografico. Ho inventato un sistema che permette di controllare il contrasto delle carte positive dirette in fase di ripresa e di calcolarlo e gestirlo con estrema precisione. Ho inventato dei sistemi per ottenere delle positive dirette su normale carta da stampa a colori e quindi ottenere delle fotografie positive dirette a colori in diversi modi, ho inventato diversi tipi di sviluppi e procedimenti alternativi nel campo del bianco e nero e adesso, dopo una ricerca di un anno e mezzo e un'idea nata 4 anni fa, sono riuscito a creare la mia personale emulsione positiva diretta che in realtà è molto più di una normale emulsione positiva diretta. Partiamo dal presupposto che anzitutto non esistono in commercio emulsioni positive dirette e ancora che sono davvero pochissimi al mondo, nell'ordine di 3 o 4 persone, coloro i quali conoscono le procedure per la realizzazione di tali emulsioni e sono pochissimi coloro i quali si dedicano alla sperimentazione su tali emulsioni. Poi teniamo conto che in commercio esistono esclusivamente 2 o 3 tipi di sole carte positive dirette.

Solo questo per il mondo del positivo diretto di cui credo essere il principale esponente nel mondo tra l'altro. Io ho inventato una emulsione che mi permette, agendo semplicemente sull'esposizione fotografica di ottenere un'immagine positiva o negativa in base alla mia sola volontà e di sviluppare il tutto in normalissimi prodotti per il bianco e nero. La mia ricerca attuale si fonda su questo e sulle migliorie che vi sto apportando. Ho ottenuto una emulsione estremamente più rapida di qualsiasi carta positiva diretta mai prodotta e che permette anche l'esposizione in notturna con tempi considerevolmente rapidi. Le mie prossime ricerche e sperimentazioni saranno sulle emulsioni positive dirette a colori.



Quali sono le tue principali fonti di informazione sulle antiche tecniche di stampa? Ci

sono libri, siti, forum che potresti consigliarci?


Certamente i brevetti e i libri scritti dagli stessi inventori come ad esempio il “The Pencil of Nature” di William Fox Talbot sono le mie uniche fonti di informazione certa e affidabile. Antichi libri americani sulla preparazione delle emulsioni e sulle tecniche alternative di stampa, poi ho certamente una libreria consistente che parte dai volumi di Ansel Adams per finire a enciclopedie fotografiche complete. Esiste una forma sola per acculturarsi: la curiosità e la ricerca personale. Un buon forum sulla Calotipia è ad esempio il “The Calotype Society XXI” dove si trovano molte informazioni sulla Calotipia. Non siamo in tanti a praticare quest'arte, poche decine in tutto il mondo e in Italia io sono tra gli unici 5 calotipisti insieme ad Asia e Claudio Santabrogio, Barbara Cattaneo e Giorgio Bordin. Bisogna sperimentare, ricercare, informarsi su fonti affidabili e certe. Non è facile imparare realmente perché si tratta ancora di

una piccola nicchia e in giro, in rete non si trova molto. Bisogna far da sé. Sul mio sito c'è un blog, dove ogni tanto pubblico delle cose interessanti.



Qual è stata la tua prima fotocamera, quante ne utilizzi attualmente e di che tipo?


La mia prima fotocamera era digitale, una Sony Alpha ma la mia prima fotocamera importante è certamente la Paris Opera 9x12cm una fotocamera di Grande Formato abbastanza compatta e che tutt'oggi amo tantissimo. Le mie fotocamere più importanti sono la mia fedelissima Kodak 2D 5x7in e la russa FKD da 18x24cm, loro sono sempre con me, al mio fianco e realizzo tutti i miei lavori con queste tre fotocamere. Ne sto costruendo una a partire da modelli di fotocamere per Calotipia del 1841. Ne posseggo di diverse, analogiche 35mm, medio formato da 6x9 che amo molto ma i miei lavori vengono fatti esclusivamente con le fotocamere di Grande Formato.


Potresti raccontarci della tua attività - che ha riscosso un enorme successo - di fotografo

ambulante?


Nel 2014 ho aperto uno studio in centro a Catania ma non riuscivo ad inserirmi nel settore degli eventi, non ci cavavo un ragno dal buco. Ho deciso dunque di vendere le mie stampe di paesaggio nelle fiere di paese, in strada. Ebbe molto successo la mia iniziativa e scoprii dunque le grandi potenzialità della strada come veicolo per guadagnarmi da vivere. Alla fine del 2014 decisi, dopo una lunga meditazione, di portare in strada anche la mia grande passione per la fotografia analogica di Grande Formato. Pensai che sarebbe stato possibile realizzare in strada ritratti su commissione utilizzando la mia camera oscura portatile e così feci, scesi in strada, rispecchiando proprio l'essenza degli antichi fotografi itineranti della metà dell'ottocento. Sono stato il pioniere o uno dei pionieri, insieme a Barbara Ghidini certamente di questa forma di fotografia in questo secolo. Ho contribuito massivamente alla diffusione di questa cultura che oggi vede molti adepti. Molte televisioni da tutto il mondo mi hanno intervistato e questa è una bellissima cosa perché dalla disperazione del non riuscire a guadagnarmi da vivere sono passato ad icona della fotografia del mio secolo. Un giorno di 2 anni fa, a Catania, ero a lavoro come sempre e in quella occasione conobbi la mia compagna, la persona che condivide la vita con me e che è da allora sempre presente nelle mie attività fotografiche e nella mia vita: Barbara Busa. Barbara è una avvocatessa ungherese che ha deciso di cambiare la sua vita e di venire a vivere qui in Sicilia. Una scelta davvero coraggiosa il lasciare la certezza di una vita per l'incertezza di una nuova ma anche per vivere una grande avventura, io l'ho aiutata a realizzare questo suo desiderio, ci siamo innamorati e adesso siamo inseparabili, lei mi aiuta nel mio lavoro, mi fa da assistente, da modella, intrattiene i clienti descrivendo i procedimenti che uso ma Barbara è anche una scrittrice di successo e una pittrice davvero eccezionale, anche lei ha delle grandissime doti artistiche e sono davvero orgoglioso di averla al mio fianco ogni giorno.

Scendiamo in strada con la mia camera oscura portatile e la mia fotocamera e viaggiamo per i paesi di Sicilia e non solo. Una vita abbastanza eccitante che ovviamente in questo periodo di emergenze sanitarie ha avuto un po' di fermo ma che ci accingiamo a ricominciare alla grande per questa estate e con numerosissime novità!



Hai riscoperto un mestiere ricollegato ad una tradizione? Quali sono le reazioni delle persone da te ritratte nell’assistere dal vivo ad antichi procedimenti di ripresa e stampa?


Diciamo che ho approcciato ad un mestiere scomparso involontariamente, proprio come hanno approcciato gli antichi fotografi: per necessità di sopravvivenza facendo la cosa che meglio sapevano fare e che più amavano fare, la fotografia. Solo in seguito mi sono documentato sulla loro esistenza e sul loro modo di operare e io, su tutti, ho sempre fatto cose totalmente differenti. Infatti gli antichi fotografi usavano la tecnica del collodio umido e successivamente quella della copia su carta da negativo di carta per mezzo della riproduzione fotografica. Io invece lavoro con il Positivo Diretto e con la Calotipia alzando anche il livello tecnico, e ultimamente anche con altri sistemi come la gomma bicromatata. Lo stupore e l'ammirazione della gente che sceglie di farsi ritrarre da me è evidente e anche la cosa che più mi soddisfa.

Spesso capita che la gente sia incredula ovvero crede che all'interno delle mie fotocamere di Grande Formato vi siano delle apparecchiature elettroniche ma basta semplicemente che si avvicinino per capire palesemente che si tratta di vera fotografia tradizionale.


So che hai scritto dei libri, potresti parlarcene? Dove è possibile trovarli?


Ho fatto 3 libri di fotografie e un manuale tecnico che si chiama “Fotografare in positivo”. Si tratta di un libro, in continua evoluzione, che spiega le tecniche per ottenere positive dirette su carta. Vi si può trovare il controllo sul contrasto in fase di ripresa, i procedimenti di inversione, le procedure per ottenere positive dirette a colori e un formulario. E' un libro molto utile, direi fondamentale a chi inizia il suo percorso nella fotografia positiva diretta per mezzo delle carte presenti attualmente in commercio ma anche per chi vuole iniziare nel mondo della sperimentazione fotografica o anche per chi vuole approfondire queste tecniche. Lo si trova online su diversi siti. Gli altri sono dedicati alle fotografie, il mio primo è “Il Pastore Guardiano delle Montagne” pubblicato nel 2017, il secondo si chiama “La Terra del Contrasto” realizzato in copie limitate ed ormai esaurito mentre il mio ultimo libro di fotografie si chiama “101 Photographs Gone Bad” che è un lavoro realizzato interamente su pellicole colore scadute e che ritengo essere davvero interessante. Lo si trova anche questo online, su Amazon.com

certamente.


Potresti parlarci della Calotypesociety? Di cosa si tratta?


La Calotype Society XXI è un gruppo di persone che si occupa di tenere in vita e praticare l'arte della Calotipia ma anche un gran bel blog. E' semplicemente una istituzione fotografica che riunisce i calotipisti del mondo di cui faccio parte, una sorta di “associazione” di calotipisti ma di questo certamente potrebbe illustrare molto meglio Asia Santambrogio. So soltanto di essere veramente orgoglioso di farvi parte e non vedo l'ora di qualche reunion di calotipisti, fremo dalla voglia di incontrare gente che come me ha un amore smisurato verso quest'arte.



Come è possibile contattarti per prenotare un ritratto e dove è possibile vedere i tuoi

lavori?


Normalmente non eseguo ritratti su prenotazione telefonica, chiunque mi incontra per strada, al lavoro può chiedermi un ritratto con le diverse tecniche che offro. I miei lavori possono essere visionati ed acquistati esclusivamente in strada oltre che in alcune gallerie d'arte inglesi.

Tuttavia ho un sito www.rosariopatane.com dove è possibile farsi una vaga idea di ciò che faccio ma rimane una semplice vaga idea. I miei lavori sono fatti per essere tenuti tra le mani e osservati su carta o sui materiali su cui stampo, legno compreso ma non solo.




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