Yashica ci ricasca: la FX-D 100 e 300 sono delle scatole di plastica con il sensore di uno smartphone
- Rodolfo Felici
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
C’è stato un tempo in cui il marchio Yashica evocava affidabilità. Certo non è mai stato uno dei brand nipponici principali, ma era comunque una azienda di tutto rispetto, presa in considerazione da fotoamatori evoluti e da qualche professionista
Basti ricordare che negli anni '80 il gruppo Kuocera/Yashica e Contax collaborarono producendo la FX-D e la Contax RTS, che erano in sostanza la stessa macchina. La FX-D (quella vera, a pellicola) fu perciò scelta allora da molti professionisti come secondo corpo in virtù della possibilità di montare le ottiche Zeiss Contax. Altri modelli di punta furono la serie Electro (telemetro a basso costo con una splendida ottica fissa) e la Yashica Mat, biottica economica ma ben fatta in stile Rolleiflex.
Dopo il fallimento nel 2005 il marchio è passato di mano ad un gruppo di Hong Kong, che periodicamente cerca di rilanciarlo su Kickstarter con delle idee bislacche che hanno piu più a che fare con il cosplay fotografico che con la fotografia vera.
Il primo tentativo fu nel 2017 con la Yashica Y35, una fotocamera digitale che pretendeva di utilizzare “rullini digitali” intercambiabili, definiti "digifilm". In realtà, tali rullini erano semplici pezzi di plastica, che inseriti nella fotocamera avrebbero dovuto attivare i vari filtri digitali di simulazione pellicola. La fotocamera, che esteticamente ricorda le rispettabilissime Yashica Electro degli anni '70, era molto scadente dal punto di vista costruttivo, e il progetto si rivelò un disastro tra ritardi, bug, e una montagna di recensioni negative.

Ora a quanto pare i detentori attuali del brand ci riprovano, proponendo su Kickstarter le nuove FX‑100D e FX‑300D. La storia si ripete; anche in questo caso gli oggetti proposti sono in realtà due involucri di plastica che ospitano un sensore da smartphone (5.8mm di diagonale e 13mp). Al modico prezzo di circa 250 euro (per gli early-bird Kickstarter) si ottiene in pratica una costosa custodia per smartphone a forma di reflex, considerato che la fotocamera che ciascuno di noi ha già in tasca è senz'altro migliore di questa.
Un lento declino:
Yashica è nata nel 1949, ha vissuto l’epoca d’oro con le sue reflex Contax/Yashica e le celebri Electro 35 a telemetro, per poi essere acquisita nel 1983 da Kyocera, che ne cessò la produzione nel 2005. Da allora il marchio è passato di mano, fino a finire al gruppo MF Jebsen di Hong Kong nel 2008, specializzato nel rilancio commerciale di brand “storici” ormai svuotati di sostanza.

Le nuove FX‑100D e FX‑300D sono in linea con quanto già proposto dai nuovi detentori del brand con la Y35: design retrò, leva di carica finta, ghiere decorative e corpo simil-reflex. Ma cosa troviamo dentro? Un sensore da 13 o 50 megapixel (a seconda del modello), dello stesso tipo che troviamo negli smartphone di fascia media. Niente obiettivi intercambiabili, niente mirino ottico, niente elettronica avanzata: solo uno schermo LCD e uno zoom digitale (sulla FX‑300D) o ottico 3x (sulla FX‑100D), ma soprattutto un sensore ed un'ottica ridicoli per il prezzo richiesto.
Cosa estremamente grave per una fotocamera che ha il form factor di una reflex, e che vorrebbe proporre un'esperienza d'uso simile, è la totale assenza di un qualsiasi mirino ottico galileiano o lcd.
Semplicemente, la dove dovrebbe esserci il mirino, per una pigra e discutibile scelta di design hanno inserito un bel triagolo di plastica nero, con una scritta che ci ricorda che la macchina è digitale. La leva di carica c'è ma non serve a nulla, il mirino che potrebbe servire invece non c'è affatto.

In pratica, una scocca retrò che traveste una compatta digitale economica, con un prezzo che supera abbondantemente il valore tecnologico reale del dispositivo. Il tutto condito da un marketing che gioca sulla nostalgia e sull’estetica analogica, senza offrire né prestazioni fotografiche degne né una vera esperienza manuale.
Per chi è questo oggetto?
Non è certo per i fotografi professionisti, né per gli appassionati di vintage che conoscono la vera storia Yashica. Questo prodotto si rivolge a un pubblico che cerca un gadget da esibire, più che una fotocamera da usare.
A 5 euro su Temu si possono acquistare case per smartphone a forma di fotocamere a telemetro vintage con il quale si ottiene lo stesso risultato.
Il caso Yashica dimostra come un marchio, per quanto glorioso, possa essere svuotato e sfruttato fino all’osso se gestito con logiche puramente commerciali. La FX‑100D e la FX‑300D non rendono omaggio alla fotografia analogica: ne imitano superficialmente l’aspetto per vendere un’illusione. È un prodotto per cosplayer fotografici.
Chiunque ami la fotografia, vintage o digitale che sia, sa che è meglio rivolgersi altrove. È molto più dignitoso usare lo smartphone che ciascuno di noi ha in tasca che investire dai 220 ai 550 euro per questa cosa.
Incredibilmente invece, la raccolta Kickstarter ha già raggiunto cento volte il tetto previsto, dimostrando solo che le persone hanno un disperato bisogno di fotocamere a forma di fotocamera, alla ricerca di una sensazione tattile e multisensoriale ormai lontana, ma non hanno voglia di leggere le specifiche tecniche.
Persino il video promozionale, con protagonista una giovane flaneur giapponese con basco a spasso per la città, appare artificioso ai limiti del tollerabile. Giurerei che la colonna sonora dal testo improbabile sia frutto delle tante AI in grado di creare musica a partire da un prompt, e probabilmente è così. La ridicola canzone continua a ripetere "the colours of Yashica" come se Yashica avesse mai prodotto pellicole, mentre la signorina continua a scattare essenzialmente in bianco e nero.
Vi lascio il link a questa fastidiosa perla.
Comentários